Sul fronte della legislazione statale, il dibattito (come ben si è evidenziato in questa sezione) si è incentrato quasi completamente sulle norme della legge 15 luglio 29, n. 94 "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica" che, modificando il testo della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 relativo alle "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità", promuovono la attivazione della collaborazione, da parte dei sindaci e previa intesa con il prefetto, con "associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forze di polizia dello Stato o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale".
In una parola le "ronde", oggetto nei mesi scorsi di una discussione accesissima e sempre aperta sulla efficacia e l’utilità di un coinvolgimento dei privati nel settore della sicurezza. Rimandando per ogni considerazione nel merito a quanto abbiamo già pubblicato sul tema, in queste brevi note, a consuntivo, non possiamo che constatare come l’idea stessa si sia rivelata nei fatti del tutto fallimentare, date le scarsissime adesione registrate (sei su tutto il territorio nazionale a metà dicembre), e la rinuncia, da parte del Governo stesso (anche in ragione di una fortissima reazione da parte dei sindacati delle forze dell’ordine) a inserire nella legge Finanziaria un emendamento mirato al rilancio dell’istituto attraverso la previsione di un "rimborso" per le associazioni che avessero offerto il proprio contributo in questo ambito.
Il fronte della legislazione regionale offre un panorama diverso, innanzitutto nei numeri. Infatti, mentre si deve constatare (come per gli anni passati) la assoluta inerzia di alcuni legislatori regionali, nel corso del 29 si sono censite e selezionate ben otto leggi per sei regioni, numero relativamente alto che conferma quella crescita della sensibilità verso il modello sussidiario che già avevamo iniziato a segnalare nel 27 (anno in cui furono approvate ben 18 leggi ispirate al principio alla nostra attenzione). Il dato è ancora più significativo se si considera il fatto che i legislatori regionali hanno oramai in gran parte provveduto alla disciplina di un sistema integrato degli interventi di assistenza sociale, materia di loro piena competenza dal 21 per la quale, sulla falsariga del modello delineato dalla L. 8 novembre 2, n. 328, il richiamo alla collaborazione con i cittadini e le loro associazioni appariva del tutto naturale, e frequentissimo.
Riprende in parte tale modello la regione Sicilia che con la legge n. 5 del 14 aprile 29 "Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale" afferma di ispirare "la propria azione al principio della sussidiarietà solidale e della complementarietà tra gli erogatori dei servizi", ponendo a proprio fondamento "la centralità e la partecipazione del cittadino in quanto titolare del diritto alla salute e soggetto attivo del percorso assistenziale".
Le regioni oggi possono però rivolgere altrove la loro attenzione, e ogniqualvolta si dedicano, nelle loro leggi, a ripensare al ruolo della cittadinanza attiva lo fanno in ambiti sempre più differenziati e tentando vie originali, pur muovendosi nell’incertezza e con i limiti di cui abbiamo fin da subito dato conto. Il caso più interessante nel panorama regionale per il 29 è quello della regione Liguria, la quale ha dato parallelamente corpo ad un sistema sussidiario sia per le politiche giovanili che per quelle rivolte agli anziani in due distinte leggi (rispettivamente la legge n. 6 del 9 aprile 29 "Promozione delle politiche per i minori e i giovani" e la legge n. 48 del 3 novembre 29 "Promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo")
Nel comune intento di eliminare qualsiasi ostacolo all’inclusione sociale per le due fasce di popolazione, e attraverso soluzioni ovviamente molto diverse tra loro, il legislatore ligure ha saputo intervenire, in maniera puntuale e articolata, a stimolare la partecipazione attiva alla vita della comunità locale, anche attraverso l’impegno civile nel volontariato in ruoli di cittadinanza attiva, responsabile e solidale (così l’art. 7 della l.r. 48), evitando quei rinvii e quei meri proclami di intenti che parte della legislazione regionale ci aveva in precedenza (e tristemente) proposto.
Molto attiva si è rivelata anche la regione Marche, che è intervenuta richiamandosi (espressamente o implicitamente) al principio di sussidiarietà in materia di spettacolo (legge n. 11 del 3 marzo 29 "Disciplina degli interventi regionali in materia di spettacolo" e in materia di attività sportive e ricreative (legge n. 1 del 3 aprile 29, "Norme per il riconoscimento del diritto al gioco e per la promozione dello sport di cittadinanza", attraverso una serie di istituti tesi a favorire un più consistente e significativo coinvolgimento dei cittadini in entrambi gli ambiti. Da parte sua la regione Basilicata ha tentato, in modo assolutamente originale, con la legge n. 1 del 16 febbraio 29, "Legge regionale per lo Sviluppo e la Competitività del Sistema Produttivo Lucano", di far partecipare i soggetti economici e sociali alla costruzione delle politiche per lo sviluppo e alla competitività del medesimo.
Sempre nell’ambito delle materie relative allo sviluppo economico, il Veneto con la legge n. 3 del 13 marzo 29 "Disposizioni in materia di occupazione e mercato del lavoro" ha dato vita ad un sistema integrato di operatori pubblici e privati (che pure vanno autorizzati e accreditati) per la promozione della piena occupazione (in parte dando seguito alle previsioni di cui al decreto legislativo n. 469 del 1997 che, realizzando il conferimento di funzioni e compiti a regioni ed enti locali in materia di mercato del lavoro, prevedeva, all’art. 1, che imprese, gruppi di imprese, società cooperative, enti non commerciali previa autorizzazione ministeriale, possono svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro).
La regione Umbria da parte sua, con la legge n. 13 del 26 giugno 29 "Norme per il governo del territorio e la pianificazione e per il rilancio dell’economia attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente", definisce l’intervento, la partecipazione e la consultazione dei cittadini nelle diverse fasi della pianificazione territoriale.
A voler trarre un pur sinteticissimo bilancio dell’anno appena trascorso, l’elemento che più colpisce è dunque senza dubbio, sotto il profilo della produzione normativa, la assoluta differenziazione dei modelli e delle applicazioni che si registrano in relazione alla sussidiarietà orizzontale .
Se da un certo punto di vista questo elemento può essere visto con favore come testimonianza di una sua certa vitalità, va però anche messa in luce, e con preoccupazione, la perdurante assenza di interventi consistenti e organici di implementazione della disposizione di cui all’art. 118, u.c. Costituzione, i quali, anche indirettamente, attraverso l’azione interpretativa, possano contribuire a dare sistematicità, completezza e impulso definitivo alla applicazione dello stesso.
Il continuo operare in norme di settore porta infatti ad una "costruzione" non univoca e saltuaria della sussidiarietà, che fa paventare un duplice rischio: da una parte la norma di cui al 4° comma dell’art. 118 della Costituzione tende a divenire, non solo nella percezione degli studiosi e nelle statuizioni della giurisprudenza, ma anche nella considerazione delle amministrazioni, un predicato evanescente, astratto e del tutto teorico, un mero esercizio di stile del costituente del 21.
Dall’altra la stessa viene ad essere piegata alle più diverse finalità e coniugata in modelli di interazione tra amministrazione e cittadini che non solo si rivelano inefficaci, ma addirittura tendono a riproporre soluzioni (quali quelle tipiche dell’antagonismo tra pubblico e privato) oramai rese obsolete dai fatti e dall’evolvere del pensiero sociale.