Il numero delle persone che vive in povertà e subisce violazioni dei diritti umani è destinato a crescere a causa di diversi fattori concomitanti in un periodo di recessione economica: mancanza di cibo e di acqua potabile, mancanza di lavoro, aumento delle disuguaglianze e delle insicurezze, xenofobia e razzismo, pene capitali, instabilità politiche e conflitti, violenze e repressioni. Ciò nonostante, gli stessi leader mondiali che si danno da fare per mettere insieme pacchetti di stimoli per ravvivare l’economia globale continuano a ignorare i conflitti mortali che in molti paesi sono la causa di gravi violazioni dei diritti umani, di povertà e dell’instabilità di intere regioni. Questa è una crisi dei diritti umani e trovare soluzioni ai peggiori conflitti del pianeta e alla crescente minaccia della violenza estremista, attraverso un maggiore rispetto dei diritti umani, resta un tassello importante.
Il rapporto 29 di Amnesty International rappresenta un importante contributo per la conoscenza dello status dei diritti umani, contribuendo a stimolare una cittadinanza informata, garanzia migliore per la tutela dei diritti presenti nella dichiarazione universale, per un futuro, come ribadisce la stessa Amnesty, in cui tutti gli esseri umani siano liberi ed eguali, in diritti e dignità.
Dati principali del Rapporto
Uno sguardo al presente rapporto può aiutarci meglio a comprendere come ancora oggi sia precaria la situazione dei diritti nel nostro pianeta:
– Limitazioni alla libertà di espressione sono state imposte in almeno 81 paesi.
– Almeno 239 prigionieri sono stati messi a morte in 25 paesi.
– Esecuzioni extragiudiziali od omicidi illegali sono stati commessi in oltre 5 paesi.
– Torture e altre forme di maltrattamento sono state compiute, nel corso degli interrogatori, in circa 8 paesi.
– Processi iniqui sono stati celebrati in circa 5 paesi.
– Prigionieri sono stati sottoposti a periodi di detenzione prolungata, spesso senza accusa né processo, in circa 9 paesi.
– Persone che chiedevano asilo politico sono state respinte da almeno 27 paesi verso stati in cui sono andate incontro ad arresti, torture e morte.
– Prigionieri di coscienza sono finiti in carcere in almeno 5 paesi.
Questi sono tutti problemi legati ai diritti umani, che non si risolvono solo con misure economiche ma che richiedono una forte volontà politica e una risposta unitaria basata sui diritti umani e sullo stato di diritto, che richiedono in sostanza un nuovo tipo di leadership e un nuovo tipo di approccio visto che la maggior parte delle violazioni, stando ai dati di Amnesty, è stato commesso nei paesi del G-2.
Uno sguardo da vicino all’Italia
Diversi sono nel caso dell’Italia i punti che balzano agli occhi del lettore in materia di diritti umani. Il rapporto fornisce un rendiconto dettagliato delle misure legislative attuate dal governo circa la condizione dei diritti e dell’ incolumità di migranti e richiedenti asilo, messe a rischio dall’approvazione nel 28 del “pacchetto sicurezza”, con tutta la questione inerente il reato di clandestinità, e dall’attuazione della pratica dei respingimenti, che è esplosa in maniera definitiva con il caso di Lampedusa, un centro che all’epoca poteva ospitare sino a 84 persone ed è invece arrivato a contenerne anche 2mila, con evidenti conseguenze per le condizioni igienico-sanitarie, un centro che era adibito solo al soccorso ma si è trasformato in un vero e proprio centro di permanenza.
Nel 29, sempre secondo i dati del rapporto, le istituzioni italiane hanno mancato ai principi fondamentali dei diritti umani mentre esercitavano le proprie funzioni in mare ed è stato solo grazie alla nave cargo turca "Pinar" che si sono messe in salvo circa 14 migranti e richiedenti asilo, le cui barche correvano il rischio di colare a picco a causa della diatriba di competenza nata tra il governo italiano e quello maltese. La nave dei migranti, per l’appunto, non era stata fatta entrare in porto nè da Malta né dall’Italia e i migranti furono lasciati al loro destino per quattro giorni, senza acqua e cibo a sufficienza.
Alla luce emergono anche poi tutti i problemi derivanti dall’accordo "Amicizia, partenariato e cooperazione" concluso dal Presidente del Consiglio; la difficile condizione dei rom, vittime di attacchi di stampo razzista, comprese aggressioni fisiche e verbali, e campagne di sgomberi forzati, che è costata all’Italia la condanna da parte del Comitato dell’Onu per la retorica razzista anti-immigrati diffusa tra politici e mezzi di informazione; ed, infine, il caso della tortura e dei maltrattamenti, come dimostrano i processi per il G8 di Genova e gli abusi perpetrati dagli agenti di polizia emersi nelle cronache pubbliche come l’uccisione di Federico Aldrovandi e Gabriele Sandri oppure della più recente denuncia di Emmanuel Bonsu, cittadino ghanese, che ha denunciato la violenza e gli insulti razzisti commessi da parte di agenti della locale polizia municipale.