Il Biellese ha sempre fatto dell’acqua una delle sue carte vincenti tramite l’operato efficiente e traspartente dei piccoli consorzi che garantiscono il servizio di distribuzione dell’acqua potabile, soprattutto nella zona orientale; sono circa cento, infatti, i soggetti proprietari di reti diversi dagli Enti locali che si occupano di fornire acqua potabile. Un patrimonio di impianti e di storia che non è passato inosservato, di cui si sono rivisti il ruolo e le istanze. Tra queste, il Consorzio acqua potabile Mezzana Montaldo un caso anomalo nel contesto italiano di gestione civica di un bene comune e fondamentale come l’acqua, oggetto negli ultimi tempi di un processo di privatizzazione di ampia portata tramite l’approvazione il 19 novembre alla camera del decreto Ronchi.
L’articolo 15 di tale decreto muove passi ancor più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici, prevedendo una apertura totale per le società private che da anni sono particolarmente impegnate ad acquisire fette importanti del mercato dell’oro blu. Il "paese delle acque" è però fermamente intenzionato a continuare la sua lotta contro la liberalizzazione.
Molti consorzi, soprattutto della parte occidentale della zona, hanno consegnato le chiavi degli acquedotti in mano agli enti locali e alle loro aziende, complici le difficoltà di gestione autonoma e le innumerevoli responsabilità per i presidenti dei consorzi.
Il consorzio di Montaldo invece non ha ceduto e si è tenuto ben stretto il suo acquedotto. Una opposizione civile cui hanno aderito una trentina di consorzi privati della zona orientale, che nel 27 si sono infine riuniti in un organismo dal nome “Associazione di tutela dei consorzi delle acque libere”. L’associazione rappresenta 1.5 utenze servite, 12 sorgenti e 1 chilometri di tubature.
L’acquedotto di Montaldo non è né pubblico né privato: appartiene ai proprietari-utenti (un centinaio), ovvero alle famiglie, che pagano la bolletta e prendono le decisioni sul consorzio, democraticamente, a partire dalla definizione delle tariffe (che in media sono più basse).
È il "no" di chi ha scelto un’ altra strada, quella del privato no-profit, dell’ autogestione indipendente, senza aiuti statali, nella pienezza dello spirito di servizio pubblico.
Lo statuto attuale risale al 1974: oggi il consorzio attinge da 14 sorgenti, gestisce 15 chilometri di tubature e distribuisce in media 1mila metri cubi di acqua potabile l’anno agli utenti, per un bilancio di 1mila euro l’anno.
La storia del Consorzio acqua potabile Mezzana Montaldo
Il Biellese ha sempre fatto dell’acqua una delle sue carte vincenti. Accanto al Biellese famoso in tutto il mondo per il settore tessile ne esiste un altro, legato all’acqua, ma meno evidente e sconosciuto ai più. Si tratta del Biellese dei piccoli consorzi acquedottistici privati che gestiscono il servizio di distribuzione dell’acqua potabile.
La prima sorgente si trovava a circa quattro chilometri dall’abitato del comune di Trivero. Per poter distribuire l’acqua alle fontanelle sparse per il paese, era necessario costruire in borgata Alberto, il sito più alto della frazione, una vasca di raccolta. Nel 1929 si procedette all’edificazione del lavatoio frazionale e verso la fine degli anni Trenta al prezzo di lire mille fu acquistata la seconda sorgente.
Nel 1948, terminata della guerra, la portata di acqua a disposizione era diventata insufficiente, per questo l’amministrazione decise di recuperare altre sorgenti e di convogliarle in un serbatoio; Di lì a poco, nel 1949 circa, i “robinetti” delle fontane vengono chiusi definitivamente per lasciare il posto ai più moderni rubinetti privati. Circa dieci anni dopo, nel 1961 si procede alla stesura del nuovo statuto consortile che nel 1974 attraverso una modifica, raggiunge la sua forma attuale.
Gli abitanti, tuttavia aumentano e con loro i consumi d’acqua, perciò nel 1981, la sorgente che alimentava il lavatoio frazionale, è convogliata in una nuova vasca di raccolta per essere mandata alla vasca di distribuzione. L’acquedotto raggiunge così la struttura che presenta ancora oggi: quattordici sorgenti, quindici chilometri di tubature, per una media di circa 1 mila metri cubi di acqua potabile distribuita ogni anno agli utenti. Alla fine degli anni Novanta, le nuove leggi obbligano i gestori a fornire acqua con standard qualitativi più elevati per raggiungere i quali il consorzio si dota di un nuovo cloratore. Nel 1999, anticipando la promulgazione del decreto legislativo 31 del 21 che introduce limiti particolarmente severi sul contenuto di residui di cloro nelle acque potabili, l’acquedotto provvede all’installazione debatterizzatori a raggi U.V., che si distinguono per semplicità, affidabilità e bassi costi gestionali. L’abbandono completo dei cloro composti, sulla scia della riduzione prevista dalla legge sotto valori di 2 μg/l a partire dal dicembre 25, ha effetti positivi anche sui consumi.