Il VI Rapporto dell ' Audit civico

L ' Audit civico può essere considerato un esempio di attuazione del principio di sussidiarietà  orizzontale

Che cos’è l’Audit civico?

L’Audit civico nasce nel 2 per iniziativa di Cittadinanzattiva sulla base dell’esperienza del Tribunale per i diritti del malato, nell’ambito di una partnership con AstraZeneca. Esso consiste in un’analisi critica e sistematica dell’azione delle aziende sanitarie promossa dalle organizzazioni civiche, e si è andato configurando nel tempo come uno strumento a disposizione dei cittadini per promuovere la valutazione della qualità delle prestazioni delle aziende sanitarie locali e ospedaliere. Nel corso degli anni, grazie ad una serie di convenzioni il numero delle aziende coinvolte è salito a 175.
Lo spirito che anima il progetto è quello di un maggiore coinvolgimento dei cittadini non solo nella valutazione delle politiche pubbliche, ma anche nella loro attuazione. Infatti, con lo strumento dell’Audit civico “il cittadino cessa di essere un puro oggetto di indagine, da interrogare con le dovute tecniche, ma diventa il soggetto valutatore che visita le strutture e interroga i responsabili” (p. 8). Da questo punto di vista, come ricordato nel rapporto, “l’adozione dell’Audit civico da parte delle amministrazioni sanitarie regionali e locali può essere considerato un esempio di attuazione dell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione” (p. 11).

I dati del Rapporto

I dati sono il risultato dell’analisi di 87 tra Asl e Aziende Ospedaliere condotta da 3 cittadini in equipe miste che, appositamente formati, hanno preso in esame ospedali, ambulatori e uffici, al fine di fornire una fotografia critica del sistema sanitario che riparta dai bisogni dei cittadini.
La complessa metodologia rinvia a tre componenti definite a livello nazionale: 1) l’orientamento ai cittadini; 2) l’impegno dell’azienda nel promuovere politiche di particolare rilievo sociale e sanitario; 3) il coinvolgimento delle organizzazioni civiche nelle politiche aziendali. Queste si articolano a loro volta in una serie di fattori e indicatori utilizzati per la rilevazione. Ad ognuno degli indicatori individuati, è associato un “indice di adeguatezza degli standard” (Ias).
Come si legge nel rapporto, la comparazione fra gli Ias medi dei diversi fattori permette di individuare tre gruppi distinti: il primo caratterizzato da un Ias superiore a 8, e quindi da considerarsi buono, comprende la sicurezza dei pazienti e la sicurezza delle strutture e degli impianti; un secondo gruppo è costituito dai fattori con valori di Ias compresi fra 66 a 77, quindi discreto, e comprende: le malattie croniche e l’oncologia, l’accesso alle prestazioni, la personalizzazione delle cure la prevenzione e la gestione del dolore, ai quali si può aggiungere il comfort; il terzo, con Ias variabile fra 5 e 63, tra pessimo e mediocre, raccoglie quattro fattori: la tutela dei diritti e il miglioramento della qualità, l’informazione e la comunicazione, e la partecipazione dei cittadini considerata sia nei suoi aspetti istituzionali che nelle forme meno codificate.
Le dinamiche territoriali fanno emergere un sud Italia indietro nelle terapie del dolore (il 4 percento delle aziende partecipanti ha riportato valori pessimi o scadenti) e nella sicurezza delle strutture: mentre il 7 percento delle strutture del nord e il 5 percento di quelle del sud sono nell’area dell’eccellenza, al sud la quasi totalità si colloca nell’area della mediocrità.

Verso un maggiore coinvolgimento dei cittadini

In generale, i rapporti con i cittadini restano un’area critica: la tutela dei diritti e il miglioramento della qualità, l’informazione e la comunicazione, l’attuazione degli istituti di partecipazione restano aspetti marginali. Solo 5 aziende adottano tutti gli istituti di partecipazione previsti; il Comitato Etico è presente nel 95 percento delle Aziende, e il 73 percento stipula accordi con le organizzazioni civiche. Ma solo nel 32 percento esistono i Comitati consultivi misti, nel 41 percento dei casi è stata convocata nell’ultimo anno la Conferenza dei servizi e nel 44 percento è presente la Commissione mista conciliativa. Solo in poco più di un caso su cinque i cittadini partecipano ai controlli sui capitolati di appalto; solo il 3 percento realizza un Bilancio sociale e lo discute pubblicamente.

La competenza civica nel settore sanitario


Interessante è anche il riferimento all’impatto culturale che l’Audit civico ha avuto nel tempo sul riconoscimento della cosiddetta “competenza civica” e sull’aggiornamento dei modelli cognitivi nella gestione dei sistemi sanitari. Senza dubbio infatti, il settore sanitario è uno degli ambiti all’interno dei quali la partecipazione civica ha una radicata esperienza, ma incontra anche forti resistenze, dovute sia a questioni gestionali che alle prerogative esclusive di un settore professionale portatore di un sapere esperto. Allo stesso tempo però, come evidenziato nell’editoriale di Paola Piva apparso su questa rivista, è il settore che più di ogni altro implica una collaborazione tra amministrazione e cittadini, dal momento che questi ultimi non sono i semplici fruitori di un servizio, ma sia come pazienti che come familiari concorrono alla sua realizzazione.