Le norme sul microcredito al vaglio delle camere

La crescita del capitale sociale favorisce lo sviluppo di reti di cittadini attivi

Pur essendo stato riconosciuto dall’Unione europea come uno strumento fondamentale per la lotta alla povertà  e l’inclusione sociale, è mancata nel nostro paese una codificazione di norme chiare che potesse favorirne una crescita ulteriore. E’ in questo senso, quindi, che si inquadra lo schema di decreto legislativo sul credito al consumo, approvato dal consiglio dei ministri lo scorso 1 giugno che attualmente sta seguendo il normale iter legislativo alle camere.

Le novità  di maggior rilievo riguardano le modifiche al titolo quinto del Testo unico bancario (decreto legislativo 385 del 1 ° settembre 1993) e ruotano essenzialmente attorno ai seguenti quattro profili:
– viene introdotto un tetto massimo di finanziamento di 25mila euro che non dovranno essere garantiti da ipoteche e saranno accompagnati da servizi di assistenza e monitoraggio dell’attività  professionale e imprenditoriale;
– i soggetti beneficiari dei micro-prestiti potranno essere sia società , che persone fisiche purchè i finanziamenti siano destinati all’avvio di microimprese o di attività  di lavoro autonomo;
– la possibilità  di richiedere un micro finanziamento anche per tutti coloro che si trovano in condizioni di grave disagio economico e sociale;
– la facoltà  per le organizzazioni no profit di concedere dei finanziamenti agli associati purchè destinati all’inclusione sociale o finanziaria.

Come si può notare, soprattutto le ultime due disposizioni hanno un valore che differisce dal puro aspetto economico e potrebbero realmente apportare delle novità  di rilievo e di grande impatto sociale. Se da un lato, infatti, si viene incontro alle esigenze delle persone più disagiate prevedendo la possibilità  di microprestiti che le banche non avrebbero mai concesso loro, dall’altro si codifica l’esistenza di due percorsi differenti per il microcredito. Da una parte le no profit con la loro attività  di chiara impronta solidaristica, dall’altro gli operatori che gestiscono tale attività  sotto un profilo puramente commerciale.

Questa dicotomia è lo specchio, d’altronde, della situazione italiana in cui la maggior parte dei finanziamenti degli ultimi anni è andato alle donne e agli immigrati grazie soprattutto agli enti no profit, le fondazioni e gli enti religiosi che da soli, coprono circa il 52% dei crediti concessi.

Solide realtà  presenti sul nostro territorio, come Microcredito solidale, Permicro, Pangea onlus, Fondazione risorsa donna o Extrabanca sono stati finora non solo il motore del microcredito nel nostro Paese ma anche di quel processo di integrazione sociale che non può non prescindere anche da un integrazione nel tessuto economico della società .

E’ questo l’aspetto che qui maggiormente ci interessa, ovvero sottolineare come se il microcredito nel sud del mondo è stato uno strumento di opportunità  di crescita economica, sociale e anche culturale, queste caratteristiche non dovrebbero assolutamente essere tralasciate nelle economie più avanzate.

E’ fondamentale, sotto questo punto di vista, considerare la crescita del cosiddetto capitale sociale che è una delle conseguenze primarie del microcredito. Al centro del sistema ideato da Yunus c’è, infatti, una rete di rapporti interpersonali basati sulla fiducia reciproca e sullo scambio di informazioni, consigli, iniziative. Nasce cosìun doppio livello di interazione, il primo tra gli individui e le banche grazie all’attività  di assistenza e monitoraggio, il secondo tra gli stessi soggetti a cui il prestito è concesso con un proficuo scambio di informazioni ed esperienze. Si formano cosìdelle reti sociali in continuo fermento che agiscono sui meccanismi locali generando tutta una serie di comportamenti virtuosi.

Il microcredito, quindi, attraverso i suoi principi basati sull’etica, sulla fiducia e sulla solidarietà  può essere uno strumento di fondamentale importanza per la lotta all’esclusione sociale, favorendo, di conseguenza, la formazione di reti di cittadini attivi.