La sfida attuale, a parere dell’Autore, consiste nell’andare oltre le semplici interpretazioni della giurisprudenza, della dottrina e dello stesso diritto positivo e nel ricominciare ad interrogarsi sul ruolo delle autonomie funzionali come garanti delle regole tese ad offrire, “al di là di ogni appartenenza e confini, la giustiziabilità e la democraticità degli interessi e dei diritti sociali”.
Tracciati formalmente i confini terminologici, l’Autore, affronta la questione dal punto di vista del diritto positivo e ripercorre i passaggi storici che hanno segnato l’evoluzione di tale modello all’interno del nostro Paese. Pone l’accento sul ruolo della Costituzione che, attraverso, l’art. 97, che ridefinisce i compiti e i principi dell’amministrazione pubblica, e l’art. 5, che introduce il tema del decentramento funzionale e territoriale, riconosce quelle formazioni sociali poste al centro dello Stato ( art.2 ) e che tanta importanza hanno avuto nella concezione attuale di autonomia funzionale. Attribuisce centralità alla fase che si sviluppa attorno agli anni ottanta e che vede specificare i contenuti ricorrenti delle strutture ad autonomia funzionale, caratterizzate, tra l’altro, da autonomia finanziaria, contabile, di gestione ed amministrativa.
Si chiede, allora, quale sia il ruolo delle autonomie funzionali. Il loro ruolo, che viene a collocarsi tra la valorizzazione crescente dell’autodeterminazione delle entità pubbliche e l’esigenza di protezione tecnica e giuridica degli interessi settoriali di gruppi, è da identificare, a suo parere ed in una visione prospettica, in una nuova dimensione di base della democrazia istituzionale degli interessi sociali.
Ovviamente una tale idea di autonomia funzionale è favorita, come sottolinea l’Autore, dall’introduzione, nel nostro ordinamento, del principio di sussidiarietà, che mira a rendere prioritario il ruolo delle autonomie sociali al fine di travalicare l’articolazione dei diversi livelli regionali e comunali. La forza espansiva di tale principio conferisce, infatti, legittimazione a queste realtà e fa di esse degli organismi pubblici a tutto tondo, depositari di poteri di regolazione settoriale degli interessi economici e sociali.
Dopo aver delineato le differenze tra le camere di commercio e le istituzioni scolastiche ed aver identificato solo nelle prime delle vere e proprie autonomie funzionali, l’Autore conclude il suo scritto sottolineando come oggi non si possa prescindere dal considerare queste come ordinamenti in continuo divenire, attenti agli sviluppi delle esigenze della società civile e come tali suscettibili di sempre nuove interpretazioni, collocate sempre, però, nella sintesi tra realtà sociale ed istituzioni pubbliche.
SORICELLI G., Il punto sulle c.d. autonomie funzionali, in Il diritto dell’economia, 26, 2, 315 ss.