Un “sorpasso storico”. Non usano mezzi termini John O. Blackburn, professore di economia presso la Duke University, nella Carolina del Nord, e Sam Cunningham, ricercatore presso la stessa università, per descrivere ciò che il loro lavoro ha messo in evidenza.
In effetti quello fotovoltaico è stato ritenuto finora un metodo per la produzione di energia certamente “pulito” ma troppo costoso se paragonato ad altre possibili alternative al petrolio, come appunto il nucleare. E questo è stato il freno principale all’utilizzo su larga scala di questa tecnologia. Ma secondo i due studiosi americani, autori dello studio “Solar and Nuclear Costs. The Historic Crossover”, questa idea può ora considerarsi superata.
Negli ultimi anni la ricerca ha prodotto importanti risultati nel campo dell’energia solare tanto che i costi del fotovoltaico sono diminuiti fino a risultare più convenienti rispetto a quelli, in continua crescita, necessari per la costruzione e l’avvio di nuove centrali nucleari. Che sono sempre più sicure ma, anche per questo, sempre più dispendiose e richiedono tempi lunghissimi prima di iniziare a produrre effettivamente energia. C’è poi da mettere in conto i rischi legati ad azioni di tipo terroristico.
Blackburn e Cunningham sono riusciti a fotografare il momento esatto nel quale, secondo la loro tesi, lo storico sorpasso ha avuto luogo: è successo quest’anno, quando il costo della produzione di un kilowattora di energia solare è sceso a 16 centesimi di dollaro intersecando la linea di tendenza, ascendente, del costo di produzione dell’energia nucleare (grafico, clicca per ingrandire).
Secondo questo modello, nel 22 il costo della produzione di energia nucleare potrebbe superare i 25 centesimi per kilowattora mentre quello della produzione di energia solare scenderebbe sotto i 5 centesimi. Se queste previsioni dovessero rivelarsi fondate, molti governi dovrebbero rimettere seriamente in discussione i loro piani energetici.
Quantificare i costi reali legati alla produzione di energia attraverso sistemi così diversi può essere difficile. Ed è reso ancora più complicato dalla vasta gamma di incentivi e sgravi fiscali che intervengono nel settore. La tesi del sorpasso, però, sembra trovare conferma nelle parole di Mark Cooper, un analista specializzato nel monitoraggio dei costi dell’energia nucleare che si è recentemente schierato contro l’adozione, da parte del Congresso degli Stati Uniti, di un ambizioso programma pubblico di sviluppo del nucleare.
Secondo Cooper, autore del memorandum "All risk, no reward for taxpayers and ratepayers", i costi per la costruzione di nuove centrali nucleari – stimati in circa 3 miliardi di dollari a reattore nel 22 – sono stati regolarmente rivisti al rialzo nel corso degli ultimi otto anni, fino a raggiungere una media di 1 miliardi a reattore e, probabilmente, sono destinati ad aumentare ancora. A pagare il conto, se si proseguisse su questa strada, sarebbero i cittadini: come contribuenti prima, come consumatori di energia poi.