Cresce sempre più il numero di imprese sociali

In Italia il network fa capo alla fondazione Fondaca e coinvolge 188 realtà 

Il business sociale continua la sua scalata, in maniera lenta ma costante. È questo quanto traspare dall’ultimo rapporto del 29 del Global Compact, che ha promosso in campo aziendale la diffusione di principi quali la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, dei lavoratori, dell’ambiente e la lotta alla corruzione.

Una rete di reti

L’azione del Global Compact è universale, non a caso coinvolge circa 6mila società sparse in 135 Paesi, a cui bisogna aggiungere circa 2mila organizzazioni della società civile. Numeri enormi, che da soli spiegano la riuscita del progetto e ai quali bisogna aggiungere il contributo, soprattutto finanziario, di diversi governi tra i quali figura anche quello italiano. La particolarità, però, è proprio nella forma che il Global Compact ha assunto nel tempo, configurandosi come un network che collega la rete principale con tante piccole reti locali. Insomma, una sorta di “rete di reti”, un gioco di parole che facilmente spiega il rapporto di connessione che lega il particolarismo di certe realtà con l’universalità dell’obbiettivo che si vuole conseguire. In Italia il network fa capo alla fondazione Fondaca e coinvolge 188 realtà, tra aziende di ogni dimensione, studi legali, istituti di credito e perfino la Regione Toscana. Ogni anno, inoltre, si svolge un incontro tra tutte le reti, un momento di scambio di idee, esperienze e riflessioni per tentare di coinvolgere altri attori.

I dati dell’ultimo report

Secondo i dati dell’ultimo rapporto ad occuparsi prevalentemente del business sociale all’interno delle aziende sono i vertici, quindi l’amministratore delegato e il consiglio di amministrazione. I traguardi raggiunti riguardano nella maggior parte dei casi gli obbiettivi in materia di tutela dei lavoratori (74 per cento) e nel settore ambientale (51 per cento). Percentuali più basse, invece, per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e la lotta alla corruzione nonostante le aziende stiano puntando su codici aziendali interni e progetti di formazione del personale. È lontano anche quello che viene considerato come l’obbiettivo più prestigioso, che le imprese aderenti al Global Compact abbiano cioè rapporti solo con altre aziende che fanno della responsabilità sociale il loro punto forte. In questo caso la percentuale scende al 12 per cento.

Esempi dal mondo e dall’Italia

In Gran Bretagna, una delle aziende più prestigiose, ha firmato un accordo con i sindacati per fare in modo che i propri dipendenti, circa 57 mila persone sparse in 11 Paesi, possano partecipare alle riunioni sindacali. Negli Stati Uniti la Levi Strauss è stata la prima azienda a stabilire delle linee guida per evitare la contaminazione delle acque con i rifiuti proveniente dall’attività di produzione mentre in Olanda, come misura anti corruzione, la Tnt ha creato un gruppo di lavoro con il compito di monitorare l’afflusso di regali di un certo valore presso i propri dipendenti. Nel nostro paese l’Eni ha istituito un ufficio per la sostenibilità e sta puntando, attraverso l’implementazione dei principi del Global Compact, alla tolleranza zero nei confronti della corruzione. Stesso discorso si può fare per Terna, che in questa direzione ha iniziato una collaborazione con la guardia di finanza e il ministero dell’interno. La lotta alla corruzione è quindi il punto più critico, essendo uno degli ostacoli principali alla crescita e allo sviluppo economico.

Quello che qui ci preme sottolineare, sono essenzialmente due considerazioni. La prima è il sistema stesso creato dal Global Compact, una rete multilivello che collega le realtà locali sia tra di loro che con il network principale, secondo un modello di partecipazione, di diffusione di idee e esperienze sia a livello orizzontale che verticale che Labsus sostiene da tempo. La seconda considerazione nasce proprio dagli esempi riportati che concretamente dimostrano come sia possibile coniugare le esigenze del business con principi etici, insomma: “ to be ethical because it is profitable is not ethical, but to be ethical is profitable” (1).

(1) Cfr. Norman E. Bowie professore di strategic management presso l’università del Minnesota, una delle voci più autorevoli di business etico.