L’Autore esamina la recente disciplina che, con il D.L. n. 191/29, ha stabilito la soppressione generalizzata delle circoscrizioni di decentramento; successivamente corretta dal D.L. n. 2/21 (convertito con L. n. 42 del 21), il quale ha previsto la facoltà per i comuni con più di 25. abitanti di mantenere le suddette circoscrizioni.
La nuova normativa viene successivamente analizzata alla luce delle origini dell’istituto delle circoscrizioni, istituite con legge n. 278 del 1976, in cui De Lucia rinviene la risposta alle sempre più pressanti esigenze di partecipazione popolare, nel quadro di un vasto contesto di trasformazioni politiche e sociali.
L’Autore esamina i due modelli di circoscrizione previsti e le diverse letture date dai commentatori; in particolare, egli si sofferma sulle posizioni di chi vi leggeva un mero ulteriore livello istituzionale di governo e di chi, al contrario, rinveniva nella legge una forma di “decentramento democratico” finalizzata “a sviluppare i rapporti tra istituzione e società all’interno dell’ordinamento comunale”, in grado di far fronte anche alle esigenze di efficienza.
La disciplina successiva ha, però, risentito di una certa sfiducia nei confronti delle circoscrizioni, sino alla riforma costituzionale del 21, che ha modificato i rapporti tra formazione statale e autonomia locale. L’art. 117, comma 2, lett. p), Cost. ha ridotto, infatti, la competenza legislativa statale alla “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, province e città metropolitane”, riservando la disciplina residuale degli enti locali agli statuti e ai regolamenti comunali e provinciali (artt. 114 e 117, comma 6, Cost.).
Alla luce della novella del 21 l’Autore ritiene necessario interrogarsi sul ruolo delle circoscrizioni nel rinnovato contesto costituzionale e sulla legittimità dei recenti interventi di soppressione delle circoscrizioni stesse. Il quadro si complica inoltre per l’introduzione di un ulteriore paradigma organizzativo con funzioni partecipative quale è quello sussidiario sancito dall’art. 118, ultimo comma. Per De Lucia “questo modello, a ben vedere, rende in parte giustizia a quella opinione critica per la quale la legge del 1978 aveva sacrificato le autonomie di base, tentando di snaturarle: la delegificazione consente alla fonte locale di recuperare un rapporto collaborativo con il corpo sociale, nel rispetto della sua autonomia”.