Nel 1942 il legislatore era ignaro di come la realtà avrebbe sopraffatto la legge e di come il mondo dell’associazionismo si sarebbe successivamente evoluto e aveva dedicato agli enti del terzo settore una disciplina poi rivelatasi insufficiente e assai restrittiva. Per questo negli anni successivi alla codificazione si richiese un regime delle organizzazioni collettive più rispettoso dei valori costituzionali. E’ passato più di mezzo secolo, nel 2 (d.p.r. n. 361/2), prima che il legislatore si inducesse a rimuovere le norme più gravemente ispirate ad un superato atteggiamento di diffidenza verso il mondo delle associazioni: quelle relative alle autorizzazioni agli acquisti e alla procedura di riconoscimento. Dieci anni dopo la prima riforma è in arrivo un altro importante intervento legislativo destinato a cambiare l’assetto giuridico degli enti del terzo settore: la riforma del Libro primo del Codice civile, il cui testo è stato avviato all’esame del Consiglio dei ministri nel giugno scorso e, dopo il coordinamento tra i ministeri della Giustizia e del Lavoro e politiche sociali, dovrebbe vedere la luce in autunno.
Le novità della riforma
Il primo punto di svolta della riforma è la previsione della possibilità dell’esercizio di attività di impresa per associazioni e fondazioni, purché strumentali agli scopi sociali. Per evitare una confusione nel campo commerciale verranno previste, tra l’altro, una contabilità separata tra la gestione sociale e quella imprenditoriale, la totale devoluzione degli eventuali utili d’esercizio ai fini istituzionali e la facoltà di creare patrimoni separati per le attività d’impresa.
Questo aspetto andrebbe a rendere operativo sul piano giuridico un’opinione generalizzata che da tempo non considera più incompatibili l’esercizio dell’impresa con l’assenza di scopo di lucro.
Parlando di attività di impresa si introduce, anche la necessità del fallimento per l’ente che svolge tale attività , con l’estensione del fallimento, per quanto riguarda le associazioni non riconosciute, alle persone fisiche che hanno agito in nome e per conto dell’ente. Per i soggetti che esercitano attività imprenditoriale sparisce l’obbligo di accettare le eredità con beneficio d’inventario.
Il secondo aspetto riguarda il riconoscimento della personalità giuridica: verrà abbandonato il regime concessorio, in base al quale è lo Stato a decidere questa attribuzione, per passare a un modello nel quale l’intervento pubblico si limita a riconoscere l’esistenza dei soggetti e a esercitare i poteri di controllo. Per il riconoscimento si opta per il modello adottato dalle società di capitali dopo l’abrogazione a partire dal 21 del giudizio di omologazione.
L’ente associativo e no profit sarà cosìiscritto nel registro della responsabilità limitata e potrà rimanere a patto che venga rispettato un equilibrio di fatto tra i mezzi propri della persona giuridica e il livello di indebitamento. Pur se in assenza di personalità giuridica l’ente potrà essere al centro di situazioni giuridiche attive e passive.
Da precisare che la riforma ancora in fase embrionale fissa queste nuove regole per tutti gli enti di tipo associativo: associazioni con personalità giuridica, associazioni non riconosciute, comitati e fondazioni.