Ennesimo segnale di cattiva gestione della cosa pubblica

Il pericolo è che la mala sussidiarietà  diventi una prassi costante

Dopo il caso dell’istituto di Adro sale alla ribalta delle cronache un’altra incredibile vicenda nelle scuole pubbliche italiane. Un ennesimo caso in cui la profonda crisi finanziaria e di gestione della cosa pubblica fanno si che i cittadini si sostituiscano alle istituzioni.

Un’odissea incredibile

A raccontare la storia è stata la stessa preside, Renata Puleo, in una lettera pubblicata sul sito della scuola. Queste le sue parole: “per rimuovere dei cassoni d’amianto che risalivano al 1952, quando è stato costruito l’edificio, quest’estate il Municipio ha inviato una ditta non specializzata. Quando siamo tornati a settembre abbiamo scoperto che gli operai li avevano distrutti, disperdendo le polveri ovunque e contaminando un intero piano. Abbiamo fatto una denuncia alla procura della Repubblica e l’Asl ha chiuso l’edificio, finché il Comune non ha provveduto attraverso un’altra ditta alla bonifica dei locali”. Problema risolto? Non proprio, dato che, per evitare le lungaggini burocratiche e il ripetersi di altri problemi, la scuola ha deliberato di utilizzare i fondi delle famiglie destinati alla mensa per la rimozione dell’amianto che si trova nei sotterranei dell’altro edificio della scuola, il plesso “Maglione”. Insomma, ancora una volta saranno i genitori a pagare per rendere la scuola più sicura.

Pubblica amministrazione, che disastro!

La storia si ripete e ciò che sconvolge maggiormente è che tutto ciò passi come normalità. Analizziamo bene il contesto: stiamo parlando di una scuola in cui dal 1952 c’erano dei materiali ritenuti altamente cancerogeni e pericolosissimi per la salute di bambini e insegnanti. Per quasi due decenni il problema è stato indubbiamente trascurato, visto che la loro rimozione è stata prevista solo nell’estate 21, nonostante la legge 257 relativa alla cessazione dell’uso dell’amianto sia del marzo 1992. Non solo, una volta stabilito l’intervento il comune decide di farlo attraverso una ditta non specializzata in questo tipo di bonifiche peggiorando di fatto la situazione. E poi, in tipico stile italiano, oltre al danno c’è la beffa per tutte quelle famiglie che, pur essendo vittime di questa grottesca vicenda, hanno dovuto pagare per rendere la scuola dei propri figli, una scuola pubblica, un luogo sicuro per la loro salute.

La mala sussidiarietà

È evidente che c’è qualcosa che non va. La gestione della cosa pubblica è deficitaria, il problema dei tagli dei fondi all’istruzione si fa sentire in maniera pesante, ma non può neanche essere considerata l’unica scusante. In questo caso, sinceramente, le mancanze della pubblica amministrazione sembrano piuttosto gravi. Possibile che un comune come quello di Roma, in particolare il Municipio XIX, non sia in grado di gestire una situazione simile? Possibile che ancora una volta i cittadini debbano sostituirsi alle istituzioni? È preoccupante poi che questi ripetuti casi di quella che noi abbiamo ribattezzato mala sussidiarietà abbiano spesso le scuole come protagonisti. Lo è ancor di più il fatto che l’intera vicenda riguardi un bene comune come la salute pubblica, sulla quale sarebbe auspicabile una politica di collaborazione tra amministrazione e cittadini piuttosto che il mero disinteresse, vero leit motiv di questa storia.

È arrivato il momento di pensare a nuove forme di gestione della cosa pubblica, basate sulla collaborazione tra istituzioni e società civile, sulla qualità dei servizi offerti al cittadino, sul concetto di sussidiarietà e di amministrazione condivisa. Cosa aspettiamo?