Lo sviluppo di collaborazioni per innovarsi e affrontare la crisi

La metà  delle imprese sociali che hanno aumentato le loro relazioni hanno registrato un andamento economico in crescita

Nell’ultimo anno, tuttavia, un trend nuovo ha caratterizzato l’universo del no profit: in aumento sono le relazioni tra le stesse organizzazioni del settore, che avviano collaborazioni in vista di obbiettivi condivisi.
I dati dell’osservatorio Isnet sulla dinamicità relazionale delle imprese sociali in Italia, consultabili sul portale impresasociale.net, segnalano un terzo settore in una situazione difficile, ma che sviluppa nuovi modi di affrontare l’attuale congiuntura economica. Le imprese sociali che si dichiarano in difficoltà sono più che raddoppiate rispetto al 27, passando dal 15 percento al 34 percento.
Per affrontare la crisi, il no profit punta su relazioni e collaborazioni, con una particolarità: i rapporti con enti locali e pubblici, che pur rappresentano l’interlocutore privilegiato, e le partnership con le aziende sono in calo esponenziale rispetto gli anni passati. Nel caso delle imprese for profit, le organizzazioni che lamentano una diminuzione dei rapporti sono passate dal 2,8 percento del 28 al 17,3 percento del 21. L’unico ambito che fa rilevare un trend positivo è quello delle relazioni tra le stesse no profit: in aumento dal 25,3 percento al 32,8 percento.

Reti e innovazione

Interessante è il rapporto tra questi dati e gli indici di crescita e di innovazione; secondo l’osservatorio, quasi la metà delle imprese sociali che hanno aumentato in modo soddisfacente le loro relazioni hanno registrato un andamento economico in crescita e indici di innovazione più alti.
Una tendenza confermata anche dalla presidente di Isnet, Laura Bongiovanni, sul Sole24ore: “I dati dell’osservatorio confermano l’esistenza di una forte correlazione diretta tra capacità relazionale e performance complessiva delle no profit. Sul versante dell’innovazione, inoltre, sono aumentati gli interventi di miglioramento dei processi e dell’organizzazione interna come arma per fronteggiare le criticità”.

Una dinamicità forse non abbastanza supportata dall’attuale quadro normativo, che non offre incentivi e vantaggi concreti a chi vorrebbe avvicinarsi al mondo dell’impresa sociale. Quasi la metà degli intervistati dall’osservatorio si dichiara non interessato ad assumere questa forma giuridica, a cui si aggiunge un 25 percento che non conosce sufficientemente la normativa.

Secondo Carlo Borzaga, presidente di Iris Network, l’associazione degli istituti di ricerca sull’impresa sociale e membro del comitato scientifico Labsus, “il vero problema è il mancato riconoscimento da parte della politica. Non ci sono forme di sostegno, né benefici fiscali, né strategie di sviluppo dell’impresa sociale: mentre nel Regno Unito il governo Cameron lancia il progetto di una Big Society, qui da noi, dove la società civile è anche più radicata, si naviga a vista”.

Un terzo settore, quindi, sempre più autonomo e capace, con le proprie risorse, di far fronte ad una situazione economica ed un quadro politico scoraggianti. I dati Isnet mostrano come la necessità di coniugare economia e benessere sociale, condurrà il mondo no profit a ricercare sempre nuove forme di collaborazione e ad ampliare reti e progetti condivisi.