La Weconomy: l’alba di una nuova economia
Ma la vera novità è nei contenuti e nel progetto della Weconomy. Come si legge nell’introduzione “l’economia non è in crisi. Solo una certa economia è in crisi. Quella basata su una visione e una gestione egocentrica. Chiusa su se stessa, incapace di aprire le porte all’immaginazione, alla creatività, all’innovazione collettiva”. L’individualismo come fondamento della cultura economica, lascia il posto alla collaborazione e alla cooperazione, ad un senso del Noi, visto come risorsa di energie alla quale attingere. Come è scritto nel libro, gli indizi di questa svolta sono tanti: “contano sempre di più, anche sul mercato, i rapporti interpersonali, i significati che danno “anima” e “cuore” alle merci, le motivazioni non solamente monetarie del lavorare e del vivere, le visioni del mondo non utilitaristiche che sorreggono comunità di nuova formazione o reti di lavoro volontario”.
Le radici della Weconomy
Leggendo il libro si apprende che la Weconomy ha radici lontane e che lo spirito di comunità ha influenzato anche imprenditori ed economisti che da secoli hanno indicato come un’altra economia fosse non solo auspicabile, ma anche possibile. Da Robert Bosch ad Adriano Olivetti i tentativi di dare applicazione a determinati principi hanno lasciato un segno nella storia dell’economia.
Attualmente contributi provenienti da diverse discipline hanno evidenziato come anche assumendo come punto di partenza di ogni attività umana l’Io, si producano delle conseguenze sul piano del Noi. Il potere connettivo dei nuovi media, ma anche un clima culturale animato da un bisogno di senso, conducono verso la rivalutazione di dinamiche relazionali, nel riconoscimento che ogni esperienza individuale si riconnette inevitabilmente con altre.
Un nuovo clima culturale
Attraverso le pagine di questo libro e le numerose esperienze in esso riportate che mettono insieme filosofia hacker e imprenditoria creativa, cultura del web e filosofie orientali una nuova cultura del Noi sembra emergere e soprattutto sembra destinata a prevalere nel futuro. Una cultura fondata sulla condivisione di idee, pratiche, risorse e sulla cooperazione.
Una cultura verticistica e gerarchica è sostituita da un modello circolare e collaborativo; dinamiche top down sostituite da reticoli e sistemi aperti. Se la rivoluzione parte dall’economia non è detto che la cultura del Noi non possa investire la politica e perché no, rinnovare la demcorazia.