Spunti di analisi e proposta

I Comuni restano al primo posto come punto di riferimento istituzionale delle famiglie

Stando a quanto riportato dal documento firmato Anci-Cittalia, a partire dal 23 si è assistito in Italia ad un aumento consistente del numero delle famiglie (oggi se ne contano circa 25milioni) a cui si è accompagnato però un notevole restringimento del suo nucleo costitutivo, con i legami familiari che tendono a diventare sempre più instabili. In particolare, alcuni fattori esercitano una notevole influenza su questa situazione, in primis il basso tasso di occupazione femminile unitamente al prolungamento della vita media e all’aumento della denatalità, a cui va ad aggiungersi, in un periodo di crisi come quella attuale, la pressione esercitata dalla povertà sulla formazione e composizione delle nuove famiglie: elementi che, intrecciandosi tra di loro, danno vita ad una sorta di circolo vizioso che va a perpetuare e ad accentuare la tendenza sopra descritta.

Una risposta statale debole

Di fronte a questa situazione di partenza, la risposta statale a sostegno delle famiglie non è stata delle migliori. Nella legge di stabilità 211, ad esempio, si prevede una netta diminuzione delle risorse destinate in maniera diretta o indiretta alle famiglie, specialmente se confrontate con quello che era il loro ammontare negli anni passati.
Per dare un’idea più precisa della situazione, basti pensare alla contrazione subìta dal fondo per le politiche familiari per l’anno 211, con uno stanziamento previsto di circa 53milioni di euro, mentre nel 29 la somma destinata a tale scopo era ben superiore e si attestava sui 187milioni: insomma, una riduzione di circa un terzo delle risorse statali erogate, riservate a questa voce. Lo stesso discorso potrebbe essere fatto con riferimento ad altre voci del bilancio statale che toccano, direttamente o meno, le famiglie.

Partire dal Comune

Come affermato nel documento in questione, è proprio per questo motivo che bisogna ripartire dalla rete locale, al centro della quale si pone il Comune, per ridare slancio e vigore alle politiche familiari. I Comuni, infatti, rimangono sempre al primo posto come punto di riferimento istituzionale delle famiglie. E’ a partire dal livello locale, quindi, che deve avere inizio quell’attività di promozione di una nuova visione della famiglia, intesa come un bene comune per l’intera società nonché attore a pieno titolo della politica a tutti i livelli, grazie al prezioso ruolo che essa svolge nei confronti dei suoi membri e verso l’esterno. Inoltre, la dimensione comunale è da intendersi come area per eccellenza dove la sussidiarietà verticale (tra livelli istituzionali) e la sussidiarietà orizzontale (tra istituzioni e cittadinanza attiva) possono incontrarsi, nella convinzione che l’applicazione del principio di sussidiarietà insieme ad una prolifica cooperazione tra il cittadino e la Pa locale debbano rappresentare degli ottimi punti di partenza per ridare vigore e centralità all’istituto della famiglia.

Esempi di pratiche innovative

Negli ultimi anni si è assistito ad un approccio diverso nei confronti delle politiche familiari da parte di molti Comuni italiani, teso ad abbandonare quelle modalità di intervento a carattere meramente emergenziale che hanno da sempre contraddistinto questo ambito, per abbracciare una nuova filosofia di azione facente leva su alcune parole d’ordine quale prevenzione e promozione. L’idea è che questa tipologia di politiche non debba essere preordinata esclusivamente a coinvolgere le famiglie in difficoltà o i singoli soggetti che ne fanno parte bensì le famiglie in quanto tali, ossia quali soggetti protagonisti della vita sociale, economica e culturale di una data comunità. Finora però si è in presenza di esperienze isolate, di un mosaico di buone pratiche e sperimentazioni di eccellenza che ancora non rappresentano un quadro unitario di riferimento.

Emergono su tutte alcune iniziative, quali la creazione di centri per la famiglia, corsi dedicati ai genitori per educare i bambini al corretto uso delle nuove tecnologie, sistemi di auto-aiuto tra le famiglie: tutte iniziative in cui si è fatta volentieri applicazione del principio di sussidiarietà, coinvolgendo le organizzazioni del privato sociale, del Terzo settore e le reti associative familiari. A tutto ciò vanno ad aggiungersi tutte quelle spinte alla promozione di ambienti di vita family friendly, al sostegno alla formazione di nuove famiglie (ad esempio tramite l’avvio di programmi di social housing) nonché al riequilibrio delle spese per i servizi a favore delle famiglie numerose o con particolari responsabilità di cura. La vera sfida, adesso, è quella di trapiantare quest’insieme di pratiche innovative in quelle realtà che devono ancora mettersi alla prova su questo terreno.

Ripensare le politiche familiari

E’ prendendo spunto da queste esperienze, nel complesso ancora poco consolidate se si fa riferimento all’intero territorio nazionale, che Anci ha individuato alcuni punti-chiave da porre alla base dello sviluppo di una nuova e incisiva politica familiare.
Innanzitutto, il nuovo approccio deve tendere a considerare prioritarie le stesse politiche familiari, a condizione che queste abbiano come destinatarie le famiglie in quanto tali e non i soggetti che ne fanno parte presi singolarmente, in un’ottica che trascenda il mero assistenzialismo per abbracciare una strategia che miri alla loro promozione oltre che alla prevenzione dei disagi. Inoltre, è necessario considerare la famiglia come punto di riferimento essenziale in tutti i settori della vita politica, capace di orientare verso uno scopo unitario le varie discipline di settore, prevedendo a tal riguardo l’attivazione di una serie di meccanismi in grado di valutare l’impatto che queste possono avere sulle famiglie medesime. Ma soprattutto, affinché tali politiche abbiano successo, è necessaria un’applicazione costante, in tale ambito, del principio di sussidiarietà orizzontale, capace di coinvolgere tutti quei soggetti (formali ed informali) che affiancano la famiglia nella vita quotidiana. E per concludere, Anci ritiene auspicabile una maggiore responsabilizzazione del mondo produttivo e del lavoro (specialmente per ridurre l’alto tasso di disoccupazione femminile), nonché l’introduzione di una nuova politica fiscale nazionale “a misura di famiglia”.

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