Pubblico e/o privato?

Le fondazioni di origine bancaria tra i soggetti dell ' organizzazione delle «libertà  sociali »

La sentenza

Le ricorrenti osservano, in sostanza, che l’articolo 11, nel recare modifiche ad alcune norme del decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, “Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 356 del 2 novembre 199, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell’articolo 1 della legge n. 461 del 23 dicembre 1998”, incide, con norme definite di dettaglio, sulla disciplina delle fondazioni «bancarie ». In particolare: indirizzandone l’attività  verso determinati settori «ammessi » e «rilevanti », dettando regole sulla composizione dell’organo di indirizzo e sulle relative incompatibilità , disponendo circa le modalità  di gestione e la destinazione del patrimonio, introducendo un criterio sulla definizione normativa della nozione di «controllo » di una società  bancaria da parte di una fondazione, disponendo altresìcirca il c.d. periodo transitorio in rapporto alle previste dismissioni delle partecipazioni di controllo in questione, e circa i poteri di vigilanza.
Tale intervento legislativo cadrebbe in un ambito materiale, quello delle «casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale », che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione assegna alla legislazione concorrente delle Regioni.
Questo, a parere delle regioni, in quanto in detto ambito, non essendo portato a definitivo compimento il processo di progressiva trasformazione delle fondazioni bancarie in persone giuridiche di diritto privato, dovrebbe ritenersi rientrare la disciplina delle fondazioni bancarie.
Non essendosi dunque verificate le condizioni della trasformazione, la disciplina delle fondazioni non può ricondursi alla materia dell’ «ordinamento civile », propria dello Stato, ma rientra in una materia di legislazione concorrente, o esclusiva secondo la regione Toscana, con la conseguenza che allo Stato è affidata solo la determinazione dei principi fondamentali della materia.
Inoltre, vi è la violazione del sesto comma dell’articolo 117 della Costituzione, che riconosce all’Autorità  di vigilanza , quindi al Ministro competente, una potestà  regolamentare in materia di legislazione concorrente, potestà  che pertanto, secondo il nuovo sesto comma dell’articolo 117, non può spettare che alla Regione.
L’Avvocatura difende la propria posizione, nei confronti delle regioni, basandosi sulla riconducibilità  della disciplina alla materia di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ( «tutela del risparmio e mercati finanziari »), in quanto le fondazioni siano ancora da ritenere assimilabili agli enti creditizi, inoltre, con il riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, in quanto le fondazioni costituiscano «enti pubblici nazionali », secondo quella che è la formula della disposizione costituzionale. In entrambi i casi, rileva l’Avvocatura, si tratta di materia assegnata alla legislazione esclusiva dello Stato, e ciò abilita quest’ultimo anche a stabilire la potestà  regolamentare nella medesima materia.
Tali rilievi, prosegue l’Avvocatura, valgono altresìper quanto concerne i «settori ammessi », cioè per i diversi campi di intervento nei quali è dato alle fondazioni di svolgere la loro attività , che in ogni caso non potrebbero dirsi rientrare in via prevalente in ambiti propri della normazione regionale.
Analoga osservazione è dedotta circa la previsione in tema di composizione dell’organo di indirizzo delle fondazioni, ciò ad evitare prassi distorsive nella gestione delle fondazioni. Quanto al potere regolamentare, l’Avvocatura rileva che esso non ha portata generale, ma è circoscritto all’attuazione dell’articolo 11 in questione, anche al fine del coordinamento con le restanti disposizioni del decreto legislativo n. 153 del 1999, ed è dunque limitato alla materia riservata alla legislazione dello Stato.

Il commento

Il presupposto della questione sollevata è che, nonostante sia stabilito che le fondazioni bancarie assumano personalità  giuridica di diritto privato, la legislazione sinora emanata dallo Stato non le ha mai considerate propriamente tali. Secondo la Corte, i ricorsi in esame non sono fondati.
Tutte le censure si basano sul presupposto che le fondazioni di origine bancaria siano tuttora soggetti caratterizzati dall’appartenenza all’organizzazione del credito e del risparmio. Tale presupposto non è più sostenibile, tenuto conto degli sviluppi della legislazione in materia a partire dal 199.
La legge n. 218 del 3 luglio 199, “Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico”, e il successivo decreto legislativo n. 356 del 2 novembre 199, “Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio”, hanno dato avvio a una profonda trasformazione e riorganizzazione del settore bancario, anche attraverso la trasformazione delle banche pubbliche in società  per azioni. Tale legislazione fa si che le fondazioni, sorte dalla trasformazione degli originari enti pubblici conferenti (solo impropriamente indicate, nel linguaggio comune e non in quello del legislatore, con l’espressione «fondazioni bancarie »), non sono più, a differenza degli originari «enti pubblici conferenti », elementi costitutivi dell’ordinamento del credito e del risparmio, al quale è riconducibile la competenza legislativa che l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
L’evoluzione legislativa ha spezzato quel «vincolo genetico e funzionale », di cui la giurisprudenza precedente, sentenze n. 341 e n. 342 del 21, vincolo che in origine legava l’ente pubblico conferente e la società  bancaria, e ha trasformato la natura giuridica del primo in quella di persona giuridica privata senza fine di lucro. Con questa trasformazione, muta la collocazione nel riparto materiale delle competenze legislative tracciato dall’art. 117 della Costituzione.
L’art. 11 della legge n. 448 del 21 opera infatti non in questa materia ma in quella dell’ «ordinamento civile », comprendente la disciplina delle persone giuridiche di diritto privato che l’art. 117, secondo comma, della Costituzione assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. La Corte conclude, sostenendo, che le fondazioni di origine bancaria rientrano, dunque, tra i soggetti dell’organizzazione delle «libertà  sociali » (sentenza n. 5 del 1998), anche in considerazione di quanto dispone l’art. 118, quarto comma, della Costituzione.
Non è dunque possibile invocare le funzioni attribuite alla competenza delle Regioni per rivendicare a esse il potere di ingerenza nell’organizzazione di soggetti che appartengono a un ambito diverso da quello pubblicistico che è il loro.