Spazi pubblici a misura di cittadino

I veri esperti sono i cittadini, con il loro bagaglio di conoscenza diretta del luogo

Che il placemaking sia meglio definibile come processo o come filosofia non è questione che sarà qui dibattuta. Diremo, molto semplicemente, che esso è sia l’uno che l’altra. Ciò che interessa sottolineare in questa sede, invece, è l’idea rivoluzionaria che permea di sé questo termine all’apparenza innocuo. La sua portata rivoluzionaria consiste appunto nel considerare di fondamentale importanza l’opinione degli abitanti di una determinata comunità con riferimento ai possibili miglioramenti che possono essere apportati in quegli spazi pubblici che gli stessi sono soliti frequentare, usando come punto di riferimento i loro bisogni, le mancanze lamentate e tutto quanto possa rendere (sempre attenendosi a tale opinione) un determinato posto il più confortevole possibile.

Parola agli esperti

Se progettisti, designer e ingegneri che si occupano di pianificare e progettare gli spazi pubblici si aprissero alle proposte della gente, che sente proprio quel luogo perché lo vive quotidianamente, il risultato che ne verrebbe fuori sarebbe senz’altro positivo. Solo chi ha conoscenza diretta di un posto può fornire informazioni preziose su come esso funziona, quali sono le sue criticità e cosa gli abitanti di quella comunità ritengono sia importante o meno. Insomma, i veri esperti sono i cittadini con il loro bagaglio di conoscenza diretta del luogo.
Non si tratterà allora di costruire semplici giardini o piazze o quant’altro di diverso, ma di rendere un quartiere o una città dei posti invitanti tramite una combinazione non casuale dei vari fattori, che sia di stimolo all’instaurazione di relazioni sociali al suo interno e in cui vengano svolte attività capaci di coinvolgere tutti, dal primo all’ultimo soggetto. Per usare una metafora, il placemaking confeziona, per un preciso spazio pubblico, un vestito su misura, che asseconda le richieste degli abitanti di una data comunità, i quali hanno evidentemente una relazione particolare con quel determinato luogo perchè lì ci vivono o ci lavorano o, molto più semplicemente, perché lì ci passano il loro tempo libero. Cittadini che influenzano il processo decisionale: quale migliore esempio di sussidiarietà orizzontale?

Una no-profit per il placemaking

Dal 1975 è persino attiva una organizzazione no-profit (ma non è l’unica), ossia la PPS (Project for public spaces) operante principalmente negli Stati Uniti, che ha deciso di fare della promozione e diffusione della filosofia del placemaking il suo cavallo di battaglia. La sua missione consiste principalmente nell’offrire aiuto a quei cittadini interessati alla creazione di spazi pubblici vivibili e di qualità, realizzati attingendo dalla saggezza collettiva degli stessi, che vivono a contatto diretto con quei posti. In effetti, il lavoro più gravoso è proprio quello di unire insieme le varie opinioni dei diretti interessati e fare in modo che le diverse informazioni ottenute possano, infine, dar vita ad una visione comune per un certo tipo di posto, che possa a sua volta evolvere rapidamente in una strategia di attuazione. Operando così un bilanciamento tra le qualità fisiche e sociali del luogo, alla fine di tutto si sarà “creato un posto” capace di rispecchiare l’anima e gli interessi della comunità che contribuisce a renderlo vivo.