La politica alle prese con il benessere
Già nel febbraio del 28 il presidente francese Sarkozy aveva istituito la commissione Stiglizt, Sen, Fitoussi, il cui operato ha dato vita ad un rapporto che ha aperto un accesso dibattito. La finalità del rapporto era quella di individuare nuovi strumenti statistici per la rilevazione del benessere, capaci di sostituire o integrare quello strumento fondamentale di misurazione economica che è il Pil.
A Novembre del 21 il Primo Ministro inglese David Cameron ha chiesto all’Ufficio nazionale di statistica (Ons) di avviare un dibattito aperto sul benessere nazionale e di elaborare degli strumenti per misurarlo. Il Rapporto presentato dalla New Economics Foundation (Nef) anticipa i risultati ufficiali, indicando quale sia la strada da percorrere.
Come si legge in apertura, “a successful society is one in which people have high levels of well-being which is sustained over time”. A partire da ciò, il progresso può essere misurato in tre sfere chiave:
– Obiettivi: alti livelli di benessere per tutti
– Risorse: uso sostenibile delle risorse ambientali.
– Sistemi umani: attività che raggiungono obiettivi intermedi quali un’economia stabile e produttiva, la coesione sociale, una buona edilizia, ecc..
Misurare il benessere
Tradurre tali indicazioni in pratica è operazione tutt’altro che semplice. Molti sono stati i tentativi di sostituire il Pil quale indice di misurazione della ricchezza di una nazione dei quali ci siamo occupati anche sulle pagine di questa rivista. Come ha dichiarato il Primo Ministro inglese David Cameron, “We have got to recognise officially, that economic growth is a means to an end”.
Nel 29 la stessa Commissione europea ha pubblicato una comunicazione dal titolo significativo: “Non solo Pil. Misurare il progresso in un mondo in cambiamento”.
Ciò che viene ad essere ridefinito è la nozione stessa di “progresso”, valutato a partire dall’incremento del benessere nazionale. Quest’ultimo chiama in causa elementi tangibili, quali l’uso sostenibile delle risorse ambientali, ma anche intangibili, quali la felicità e la soddisfazione delle persone.
Verso una nuova concezione dell’azione politica?
Una delle critiche che viene mossa a tale impostazione è che misurare il benessere, oltre ad essere difficile non è nemmeno utile perché è una nozione per definizione soggettiva e quindi estremamente variabile. Allo stesso tempo però come si legge nel rapporto, ciò che può essere considerato di interesse “sociale” o “collettivo” non è un dato di fatto, ma dipende da come alcuni fenomeni sono percepiti e dalle ricadute che hanno sull’intera collettività.
Ciò ha a che vedere con il significato stesso dell’azione politica e della sua finalità, nell’ambito del quale la crescita economica può essere considerato un obiettivo a medio termine, rispetto al benessere dei cittadini che è il fine ultimo al quale essa dovrebbe tendere.
Una sezione del rapporto è dedicate ad esplorare in che modo i misuratori del benessere potrebbero essere utilizzati per influenzare l’azione politica, entrando a far parte dell’agenda politica e ridefinendone le priorità.