Il seminario si è articolato in due sessioni, i cui interventi sono stati moderati dal Coordinatore Regionale ICOM, Fausto Pesarini: durante la mattinata, alcuni dei relatori (A. Garlandini, Presidente ICOM Italia, C. Di Francesco, Direttore Regionale per l’Emilia Romagna MIBAC, D. Donati, Docente di Diritto Amministrativo presso l’Università di Bologna, F. Donato, Docente di Economia dei Beni culturali presso l’Università di Ferrara e L. Carlini, IBC Emilia Romagna, Dirigente Servizio Musei e Beni Culturali) hanno tracciato le linee generali del principio di sussidiarietà in merito alla gestione dei musei, passando dalle nozioni giuridiche del prof. Donati alle note economiche del prof. Donato. Nel pomeriggio, alcuni responsabili museali hanno riferito esperienze concrete di applicazione del principio e progetti di prossima realizzazione che prevedono la partecipazione attiva dei cittadini.
Favorire la collaborazione con i privati
Fin dall’intervento iniziale del Presidente dell’ICOM Italia, è emersa la necessità della costruzione nuovi modelli di gestione museale atti a migliorare la qualità di fruizione, puntando sull’integrazione tra pubblica amministrazione e soggetti privati.
In un momento in cui le risorse economiche statali sono molto limitate e l’idea che lo stesso Stato possa continuare a essere l’unico gestore e titolare dei beni culturali è stata già da tempo messa in crisi, ripensare a una gestione sostenibile dei musei significa ” svecchiare ” le odierne strutture organizzative museali e offrire loro una valida alternativa. Lo Stato, infatti, ha dimostrato che da solo non riesce (o non vuole o non è capace) a supportare il settore culturale e, di conseguenza, quanto viene realizzato non è sempre sufficiente e adeguato all’entità dei beni che l’Italia possiede.
Aprire le porte ai privati non significa che questi soggetti debbano sostituire lo Stato, colmando le mancanze dell’intervento pubblico, ma incoraggiare il loro ingresso potrà servire a ottenere risultati migliori in tutte le attività inerenti i beni culturali. Questo significa, come ha evidenziato in più riprese il dott. Pesarini, che in primo luogo debba avvenire in tutti un cambio di mentalità , che scaturisca da questo nuovo approccio culturale e politico, in modo tale da ridefinire i confini gestionali dei musei.
Questi nuovi modelli museali dovranno mirare a un elevato radicamento nel territorio, a una forte interazione verticale tra i vari enti pubblici e a una sempre più stretta collaborazione con i soggetti privati. Dal momento che il patrimonio culturale italiano è diffuso in ogni singolo metro quadrato della nostra penisola, bisognerà abbandonare il tipo di gestione ” micro ” e prediligere una rete o un sistema museale adeguato che metta in rete i musei radicati nel territorio, da quelli nazionali a quelli più piccoli e distanti, promuovendo una offerta formativa di qualità maggiore, grazie alla quale il cittadino possa interagire nel territorio di riferimento, evitando ovviamente il moltiplicarsi dei costi. Lo scheletro della gestione sostenibile dei musei dovrà essere costituito da queste tre specialità -territorialità , interazione tra le istituzioni e collaborazione con i privati- grazie alle quali i musei potranno tornare a essere, come ha evidenziato il prof. Donato, catalizzatori e produttori della vita culturale, cioè non solamente snodi della vita turistica, ma laboratori di iniziative aperte a tutte le energie e le intelligenze di coloro che sono in grado di esprimerle, come citato nel programma del seminario.
Costituire una rete o un sistema museale presuppone innanzitutto l’esistenza di un chiaro dialogo tra i vari livelli di enti pubblici, ma anche la possibilità che possano intromettersi in questo ” dialogo ” anche i soggetti privati, nella speranza che questo tipo di sinergia possa favorire e raggiungere risultati migliori. Da una parte, una gestione museale sostenibile permetterà che le funzioni di tutela, di valorizzazione e di gestione del patrimonio culturale, formalmente separate dalla legge, potranno essere promosse ed espletate in maniera armoniosa ed equilibrata, poiché esse sono funzioni ontologicamente connaturate nel concetto di bene culturale. Dall’altra, l’intromissione del privato non dovrà essere più guardata con sospetto (oramai il 4% dei musei sono gestiti da privati), ma anzi favorita cosìche ogni cittadino potrà diventare non solo un visitatore, ma anche un soggetto responsabilmente attivo e partecipativo, che contribuisca in prima persona alle attività culturali.
Un contributo importante
Tra i privati è stata sottolineata dai relatori l’importanza del volontariato, il cui contributo nell’ultimo anno ha fatto risparmiare allo Stato 2,1 miliardi di euro. E’ ulteriormente emersa dalle parole del Direttore Carla Di Francesco la speranza -peraltro, condivisa da tutta l’assemblea- di agevolazioni fiscali per le associazioni non profit e per i singoli volontari, anche in considerazione del fatto che il loro ruolo partecipativo, sempre maggiore, si sta via via evolvendo, infatti, ad esempio, ai volontari non è più solamente affidata l’apertura o la chiusura dei musei, ma anche mansioni più complesse come la conservazione del materiale museale.
Partendo da queste linee generali, interessante è stata la presa d’atto di eccellenze emilano-romagnole. Questa regione, infatti, si distingue nel panorama nazionale per il maggiore senso civico e sensibilità artistica del singolo individuo, infatti, come è stato sottolineato anche dalla Dirigente, Laura Carlini, sono già 13 i musei della regione, riconosciuti secondo gli standard qualitativi, alcuni dei quali, localizzati soprattutto in centri piccoli, sono nati dal basso per volontà dei privati e grazie ad accordi con la pubblica amministrazione sono entrati a far parte del circuito provinciale.
Una raccolta di esperienze
Le varie esperienze sono state raccolte, per tematiche, in due tipologie: la prima riguarda il coordinamento tra musei in un’ottica di rete; la seconda la collaborazione e il coinvolgimento attivo dei cittadini. Per quanto riguarda la prima tipologia, Eloisa Gennaro ha presentato il caso del Sistema Museale Provinciale di Ravenna: si tratta di una rete territoriale tra vari enti che mira al coordinamento delle attività dei musei della provincia di Ravenna. Per quanto riguarda i progetti che puntano al coinvolgimento attivo dei cittadini, sono stati presentati diversi interventi fra i quali ” le mappe di comunità ” , riferite da Giuliana Castellari (Servizio Musei e Biblioteche della Provincia di Ferrara) e da Nerina Baldi (Responsabile Sistema Ecomuseale del Comune di Argenta, Ferrara). Tali mappe consistono in uno strumento di valorizzazione del territorio messo a punto dagli stessi cittadini che stabiliscono quali siano i luoghi e le peculiarità che li rendono speciali rispetto altri; in questo modo i cittadini vengono invogliati a prendersi cura del proprio territorio.Da Stefano Mazzotti e Carla Corazza (Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara) sono stati evidenziati i progetti di scienza partecipata ossia dei progetti atti a favorire la conoscenza della cultura scientifica.
Il museo come luogo di integrazione sociale, di inclusione e di cultura dell’accoglienza è stato trattato da Ilaria Pulini (Responsabile Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena) e da Claudia Pedrini (Responsabile Musei Civici di Imola, Bologna). In particolare, il Museo Civico di Modena ha elaborato progetti intesi a coinvolgere gli immigrati, mentre a Imola, grazie a un protocollo d’intesa con l’associazione di volontariato AUSER, è stato possibile abbattere le barriere architettoniche della Rocca Sforzesca e di Palazzo Tozzoni, facendo ricorso all’utilizzo di un elevatore mobile trasportabile che, su richiesta, viene messo a disposizione dai volontari dell’AUSER. Infine, l’ultimo intervento presentato ha riguardato specificatamente il tema della gestione dei piccoli musei: Rita Rimondini (Responsabile dei Servizi Culturali del Comune di Castenaso, Bologna) ha spiegato come sia nato il Museo della civiltà villanoviana e come stia procedendo, pur nelle varie difficoltà economiche, la sua gestione.
Riflessioni conclusive
Quello che è emerso dalle parole dei relatori, dunque, è stata l’iniziale diffidenza e difficoltà nel coordinare soggetti eterogenei, ma, anche gli ottimi risultati perseguiti e la condivisione della progettualità che hanno aperto nuove prospettive, nuovi progetti di partecipazione attiva. Queste esperienze-pilota, insomma, dovrebbero incoraggiare e favorire la creazione e la realizzazione di altre iniziative, sviluppando un processo che appare, fin dalle sue prime battute, molto promettente.