Nel suo intervento il prof. Mauro Renna ha sottolineato come i beni comuni comportino una riflessione articolata intorno a tre profili: il tema dell’appartenenza, il livello di governo adeguato al fine della gestione e le modalità di gestione.
Nei due volumi è il profilo della gestione quello che catalizza maggiormente l’attenzione degli studiosi, i quali hanno cercato di rispondere all’interrogativo se la scelta per la gestione privata, a fronte dell’alternativa della gestione pubblica, sia la più adeguata: in “Sussidiarietà e concorrenza. Una nuova prospettiva per la gestione dei beni comuni” la chiave di lettura prescelta è la terza via della sussidiarietà orizzontale.
Lo sforzo degli autori è quello di tradurre la sussidiarietà orizzontale in senso concreto, in un modello.
Tra i nodi problematici, merita una maggior attenzione quello relativo al rapporto tra interesse pubblico ed interesse generale in relazione al settore dei servizi pubblici: se l’interesse è pubblico, allora è stato assunto dalla PA e non residua alcuno spazio per l’autonoma iniziativa dei privati; al contrario, se tra interesse pubblico ed interesse generale vi è un rapporto di species/genus, allora vi è ancora spazio per la sussidiarietà.
Le proposte e l’analisi
Nel volume di Marco Bersani l’opzione privata viene totalmente respinta. La motivazione di tale posizione deriva dal fatto che introducendo il privato nella gestione dell’acqua, si introduce un elemento per cui il capitale deve essere remunerato.
A cascata da ciò deriva che se non è possibile remunerarlo si devono diminuire i costi di gestione, comportanti un abbassamento del livello occupazionale, oppure i costi di manutenzione.
Secondo Renna la possibile reductio ad unum delle tesi esposte nei due volumi sarebbe l’assegnazione della gestione dei beni comuni ad una categoria specifica di soggetti privati, ossia il privato sociale.
È seguito l’intervento del prof. Rossi, il quale ha constatato come entrambi i volumi siano di “apologia”, l’uno della sussidiarietà e l’altro della mano pubblica.
Il volume di Donati e Paci
Nel caso del libro curato da Donati e Paci emerge come la scelta per la sussidiarietà sia dettata da una serie di elementi, tra cui la sua capacità a dare risposte flessibili, a favorire un nuovo protagonismo della società, a ridurre la spesa pubblica.
Nel volume di Bersani l’apologia della mano pubblica risulta evidente anche dai suggestivi titoli dei paragrafi “Privato: voce del verbo privare” o “Ciò che non è pubblico è segreto”.
Il prof. Emanuele Rossi ha poi formulato una domanda: “E se alla fine entrambi avessero ragione?”. Il senso di tale domanda è stato declinato lungo cinque punti: in primo luogo si deve distinguere da servizio a servizio, così come si deve distinguere da privato a privato, ossia tra il profit e non profit.
Come terzo punto il prof. Rossi ha evidenziato il fatto che non si possono adottare criteri uniformi, in quanto si deve operare una distinzione sulla base delle risorse del territorio.
Come quarto punto è stata indicata da un lato la necessità di superare le “demonizzazioni” e dall’altro la necessità di rivalorizzare il pubblico, anche con riferimento alle modalità di gestione.
Punto conclusivo è la prospettiva da seguire, ossia l’integrazione tra pubblico e privato, non solo nella fase della gestione, ma anche a monte, nella fase della progettazione, e a valle, ossia nella valutazione degli interventi.
Un confronto con gli autori
Sono seguite le repliche dei curatori/autori dei due volumi presentati.
Per primo è stato il turno di Marco Bersani, autore di “Acqua in movimento. Ripubblicizzare un bene comune”: l’intervento muove dal constatare come i cittadini di un territorio abbiano il tempo lungo delle scelte, mentre gli amministratori quello meno lungo del mandato; in una climax, le imprese hanno invece quello degli indici di borsa.
In tale ottica la sussidiarietà è il perno per superare la partita pubblico/privato, garantendo le fasce deboli dall’eccesso di Mercato. Bersani spiega che in Italia “crisi sociale, economica, ambientale e democratica sono venute al pettine tutte insieme.
Ora più che mai serve che il popolo decida dal basso, dalle comunità territoriali, che devono decidere quanta acqua, aria, energia e territorio utilizzare e perché. Tocca a loro creare un nuovo sistema di welfare”.
Da ultimi hanno avuto luogo gli interventi di Donati e Paci, curatori del volume “Sussidiarietà e concorrenza. Una nuova prospettiva per la gestione dei beni comuni”.
La relazione di Donati
Il prof. Donati, nella sua relazione, ha dato una lettura “laica” della sussidiarietà, contrapposta a quella negativa datane da Rescigno e a quella eccessivamente entusiasta di Arena.
Dopo una lettura esegetica dell’art. 118 Cost., che va nel senso di includere le imprese tra i soggetti della sussidiarietà, l’oggetto della riflessione ha riguardato gli interessi.
Partendo dal constatare come, accanto all’interesse pubblico, esistano gli interessi che riguardano i singoli in quanto membri della collettività, si perviene a individuare il pubblico come diverso dalla sintesi degli interessi: lì interviene, come “terza via” tra mercato e stato, la sussidiarietà orizzontale, l’unica capace di incrociare la progressiva apertura verso il territorio e verso il privato.
La conclusione di Paci
La chiusura dell’incontro è stata affidata alle riflessioni del prof. Paci, il quale ha auspicato per il futuro più società e più mercato. La gestione privata è efficace quando ha ad oggetto beni privati, mentre è inefficiente per la categoria dei beni comuni, a causa dei vincoli tecnologici e delle situazioni di monopolio.
La debolezza del ragionamento di Bersani risiede nel ritenere che solamente nella gestione industriale il capitale vada remunerato: anche gli investimenti statali hanno un capitale che va remunerato.