I risultati dell’indagine
L’88 percento degli intervistati ritiene che i principali ostacoli all’affermazione di un modello di “amministrazione condivisa” con i cittadini siano da rintracciare in fattori interni all’attuale impostazione della PA. Quest’ultima si percepisce ancora come erogatrice di servizi e percepisce i cittadini come portatori di bisogni ai quali dare risposta. È interessante notare come la maggior parte delle responsabilità di questo ritardo siano addebitate alla PA; solo il 6 percento degli intervistati indica i cittadini come causa di ciò.
La PA manifesta i suoi limiti anche quando è chiamata in causa la capacità delle amministrazioni di coinvolgere la cittadinanza per migliorare l’erogazione dei propri servizi (open government). In questo caso si fa riferimento alla scarsità di mezzi a disposizione delle amministrazioni, più che alla vera e propria mancanza di una cultura della partecipazione.
Verso il superamento della dicotomia pubblico/privato
Uno dei problemi principali inerenti i cambiamenti nella PA riguarda la cultura della conformità della procedura, alla quale rimane legata, rispetto ad un orientamento agli obiettivi, maggiormente rispondente ad una cultura manageriale.
A questo proposito si potrebbe aggiungere che nel caso italiano una radicata tradizione amministrativa, ma anche politica, si è fondata sulle dicotomie pubblico/privato, stato/mercato, i cui confini appaiono oggi in via di ridefinizione. Come si legge nel rapporto, “governare con la rete significa anche ripensare la missione della PA e il rapporto con il ‘mercato’ rispetto all’erogazione di servizi, immaginando nuovi modelli di sussidiarietà, diversi dal semplice outsourcing”. Uno dei principali ostacoli all’applicazione di un nuovo modello organizzativo è “una concezione ancora prevalente all’interno della PA che vede nel mercato dei semplici contractors a cui delegare funzioni o compiti specifici piuttosto che come occasioni per una osmosi di competenze (cultura)”.
Da questo punto di vista la visione dicotomica e bipolare è sostituita da una policentrica, fatta di nodi (hub) e punti di scambio nella rete, secondo la celebre metafora di Manuel Castells della “network society”. Da una parte gli attori sono molteplici, ma dall’altra le soluzioni richiedono l’innovazione empatica di cui parla Rifkin.
Dal “castello” alla “rete”
Come afferma Denis McQuail, studioso dei mezzi di comunicazione, “un mezzo non è soltanto una tecnologia applicata per la trasmissione di un determinato contenuto simbolico o per la connessione di diversi utenti: un mezzo incarna anche un insieme di relazioni sociali che interagiscono con le caratteristiche della nuova tecnologia”. È quanto accaduto con la rete che diviene la metafora di un diverso modello organizzativo che segna il passaggio dal “castello”alla “rete”. Il meccanismo top down che ha nel tempo caratterizzato il funzionamento della PA fa fatica a confrontarsi con dinamiche che richiedono il coinvolgimento di attori nuovi e non da ultimo, un modo diverso di vivere e percepire i propri diritti di cittadinanza. Davanti a questi mutamenti, spesso la PA preferisce arroccarsi in difesa delle proprie prerogative istituzionali, elevando delle barriere al mutamento che rischiano di indebolire la legittimità della sua azione.
La rivoluzione della sussidiarietà
Nell’insieme è interessante vedere come in un contesto caratterizzato da una crescente frammentazione sociale e da un individualismo dai toni radicali, i segnali di cambiamento sembrino andare nella direzione opposta. In questo contesto, come si legge nel già richiamato editoriale di Mochi Sismondi, “quello dei cittadini è il ruolo più nuovo e potenzialmente rivoluzionario” e trova nella sussidiarietà orizzontale il suo sostegno istituzionale. Come ha affermato Gregorio Arena nell’ultimo editoriale, “nel caso della sussidiarietà orizzontale, essa rappresenta uno stimolo straordinario all’innovazione in campo amministrativo perché consente l’interazione di fattori noti, quali le pubbliche amministrazioni ed i cittadini, in modi imprevedibili e quindi con risultati innovativi a seconda delle infinite combinazioni possibili fra le risorse di cui dispongono le amministrazioni e quelle introdotte nel sistema amministrativo dai cittadini attivi”.
Probabilmente i processi in atto mettono in moto dei cambiamenti i cui esiti sono ancora tutti da verificare, ma i cui segnali si impongono già in tutto il loro potenziale innovatore.