Un viaggio alle radici del problema rifiuti

La sporcizia nelle città  " è una delle cose d ' Italia che più disturba lo straniero " . J. W. Goethe, Viaggio in Italia, 1817.

Un viaggio attraverso diverse epoche e altrettanti Paesi, guidati quasi per mano da una penna che, unendo la precisione dello storico alla curiosità  del documentarista, svela al lettore scenari spesso inediti e sfata alcuni miti. Scorrendo le pagine del libro si scopre, ad esempio, che nonostante l’antica Roma fosse, ” per la grandiosità  del suo apparato idraulico, una città  moderna ” , l’invenzione degli acquedotti è da attribuire ai popoli della Mesopotamia; mentre è nel Palazzo di Cnosso che ” gli archeologi hanno individuato quello che potrebbe essere in assoluto il primo WC a sifone della storia ” . E’ stata dei Romani, tuttavia, l’intuizione in tema di ” smaltimento ” dei rifiuti che ha contribuito a distinguere le città  del loro Impero dagli agglomerati pestilenziali. Infatti – come osserva l’Autore – ” non è sufficiente costruire le fogne per risolvere il problema dei rifiuti, perché senza un’enorme quantità  d’acqua da gettarvi dentro, quei canali si trasformavano in pozzi neri o fosse dai liquami stagnanti e miasmatici ” .

Ciò non significa, tuttavia, che l’antica Roma fosse una città  ” pulita ” come la intenderemmo oggi. La mancanza di un’adeguata educazione civica o, se vogliamo, di un’amministrazione condivisa, faceva sìche ” il lancio dalla finestra ” fosse pratica tutt’altro che insolita. Ed inoltre, come racconta Svetonio nelle Vite dei dodici Cesari, poteva accadere che un cane, rovistando nell’immondizia posta ai bordi di una strada, trovasse una mano umana e che la portasse ” in dono ” al futuro imperatore Vespasiano che era seduto in una trattoria.

La Rivoluzione Industriale ” inventa ” i rifiuti urbani

In ogni caso, a quei tempi, i rifiuti erano quantitativamente pochi e qualitativamente poco variegati. Era cosa rara disfarsi di qualcosa e quel poco che veniva buttato si riduceva a nient’altro che materiale organico, brandelli di stoffa o pezzetti di legno oramai inservibili. Viceversa, è con la rivoluzione industriale che sono stati ” inventati ” i rifiuti urbani. Nella Parigi del 1884, ad esempio, – racconta Pinna –   il prefetto della Senna ” emise un’ordinanza con cui obbligava tutte le case, i negozi, le botteghe a dotarsi di bidoni metallici con coperchio dentro i quali mettere le immondizie. I bidoni dovevano essere poi esposti in determinate ore sulla strada, dove venivano svuotati da un apposito servizio. ” Inoltre, mentre in un primo momento, tali rifiuti erano prodotti dal mercato per il mercato, giacché, secondo un procedimento che ricorda molto la nostra raccolta differenziata, venivano distinti per tipologie e reimpiegati in nuove filiere produttive; successivamente tali fonti si sono rivelate insufficienti ed eccessivamente aleatorie per una società  in rapida crescita. Di conseguenza, non poche innovazioni ” portarono alla ribalta nuovi processi industriali o nuove fonti di approvvigionamento (…). Naturalmente in questo modo il ciclo biologico non si chiude più e le materie prime urbane diventano unicamente rifiuti da allontanare e di cui disfarsi ” .

Il ” successo catastrofico ” dell’Italia

Tra le caratteristiche della società  moderna, dunque, – racconta Pinna – c’è l’incremento della produzione dei rifiuti cui si accompagna l’aumento della popolazione e della relativa aspettativa di vita. Come si colloca l’Italia in tale contesto? Non bene. Come evidenziato dall’autore, infatti, dopo aver brillato nel Medioevo per essere all’avanguardia del progresso anche tecnologico, agli albori della rivoluzione industriale ” l’Italia aveva cominciato la sua carriera di paese sottosviluppato d’Europa ” . Tra le cause del declino, quello che in gergo storiografico è stato definito il ” successo catastrofico ” , ossia la ” cristallizzazione di istituzioni e comportamenti all’inizio vincenti ” . Così, agli inizi dell’ottocento Goethe in Viaggio in Italia scriveva che la sporcizia delle città  ” è una delle cose d’Italia che più disturba lo straniero ” .

Boom economico e boom di rifiuti

Sono passati secoli eppure l’espressione dello scrittore tedesco continua tristemente a brillare per attualità . Con un balzo in avanti, infatti, l’autore ci porta ad analizzare la situazione dei rifiuti in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi. Ci accorgiamo, allora, che il c.d. boom economico ha coinciso con il boom dei rifiuti. Non solo, infatti, si è assistito ad un aumento della popolazione ed al noto fenomeno dell’urbanizzazione, ma ciascuno ha iniziato a produrre una sempre maggiore quantità  di rifiuti perché con l’avvento del benessere è cambiato lo stile di vita e sono diventati irrinunciabili bisogni un tempo inimmaginabili: l’automobile, il frigorifero, la lavatrice e cosìvia, in un continuo crescendo. Senza dimenticare che lo sviluppo della chimica ha portato alla scoperta e all’impiego di materiali, quale la plastica, che hanno decretato l’imperare della logica dell’ ” usa e getta ” .

La grande mole di rifiuti prodotta quotidianamente dai cittadini ha fatto sìche, negli anni, risultasse sempre più impellente l’approntamento di un corretto sistema di gestione. Sono nate discariche, inceneritori, servizi di raccolta, più o meno articolati, eppure questi strumenti non sempre si sono rivelati adeguati, tanto che in alcune realtà  si è iniziato a parlare di emergenza rifiuti. A questo punto l’ambiente è in pericolo e sulla scena si afferma un nuovo attore: l’Europa.

Verso una rivoluzione culturale

Negli ultimi anni una serie di prescrizioni sempre più dettagliate sono state rivolte agli Stati membri affinché adottino politiche eco-sostenibili, tali da catalizzare il passaggio dalla logica del consumo a quella del riciclo. Eppure – sottolinea Pinna – in alcune zone di Italia si continua a parlare di emergenza, come se ” il contesto sociale e il peso della storia ” possano impedire l’affermazione di ” soluzioni virtuose e costringere a una continua ripetizione del disastro ” . E’ evidente, allora, che s’impone l’esigenza di una rivoluzione culturale perché, se la cronaca ci narra di obiettivi mancati, il futuro è ancora una pagina bianca   e l’auspicio è quello di poter scrivere una nuova storia.