Un imprenditore milanese vende computer usati ma completamente "rigenerati"

Far rivivere con la stessa funzione una macchina considerata terminale, vuol dire allungarle la vita con la stessa funzione d'origine

Un 39enne milanese, Marco Gialdi, imprenditore con una formazione da perito informatico, ha ideato un modo per dare nuova vita a computer “vecchi”. Naturalmente ” vecchi” si fa per dire, perché l’industria dei pc viaggia a ritmi talmente rapidi che un computer già  alla tenera età  di 5 o 6 anni è già  obsoleto e spesso si finisce col sostituirlo con uno nuovo, con software più aggiornato e prestazioni maggiori.

Per ovviare a questo inconveniente e per ridare forza all’impresa di famiglia, che rigenerava toner e nastri per stampanti, un’impresa fiorente negli anni novanta ma poi messa in crisi dal mercato asiatico, Gialdi si è inventato il mestiere di rigeneratore di computer. Cambiando una parte dell’hardware dei vecchi pc e spesso sostituendo il sistema operativo con sistemi “open source” come Linux, che permette una buona operatività  a computer con limitate funzionalità  di base, l’imprenditore milanese riesce ad allungare la vita a vecchi pc, non più sufficientemente funzionali. I pc cosìrigenerati, con prestazioni alla pari con pc di nuova generazione, si possono comprare decisamente a buon mercato, a partire dai 1 euro. Un’attività  utile e anche remunerativa, dal momento che gli ha già  fatto fruttare oltre 3mila euro.

Dunque, come lui stesso ci tiene a precisare, il suo mestiere è ben lontano dal riciclo, che consiste nel recuperare materie prime da oggetti già  esistenti, per farne prodotti spesso completamente diversi: “Far rivivere con la stessa funzione una macchina considerata terminale, vuol dire allungarle la vita con la stessa funzione d’origine”.

Alcune buone motivazioni per diffondere la pratica del riuso

Il riuso è una pratica che da alcuni anni sta prendendo piede anche in Italia. Le motivazioni principali sono almeno tre.

La prima è legata ad un motivo di eco-compatibilità . Se è vero infatti che il riciclo dei rifiuti, anche elettronici, ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, anche grazie ad una maggiore sensibilità  dei cittadini sul tema, non per questo è giusto creare ed immettere nel ciclo nuovi materiali, in eccedenza rispetto alla reale necessità .

La seconda motivazione è di tipo economico. Un apparecchio “rigenerato”, con prestazioni pressoché identiche al nuovo, viene venduto ad un prezzo del 6, 7percento inferiore. Cosa che, in tempi di crisi economica, può essere un buon incentivo ad un settore in crescita come quello del riuso.

Un’altra motivazione è di tipo culturale. In un mondo in cui la cultura del consumo veicolata dai media (attraverso saperi e tecniche oramai talmente vasti ed approfonditi da dare vita perfino a facoltà  universitarie come “Psicologia del marketing” e simili) è forte e totalizzante, la cultura del riuso si pone in antitesi e vuole dare un messaggio diverso, che rifiuti la logica del “vivere per consumare”.

Un approccio completamente diverso dal “mainstream”, che affonda le sue radici nel “downshifting”, una tendenza o stile di vita che dagli anni novanta si è diffuso soprattutto in economie avanzate come Stati Uniti, Regno Unito e Australia, proprio in contrapposizione ad uno stile di vita troppo frenetico e basato sul consumismo sfrenato.