Il contributo degli stranieri alla riqualifica e alla vita dei centri urbani italiani

Il contributo degli stranieri ha ripercussioni positive sulla vita sociale, civile ed economica dell ' Italia

I dati della ricerca condotta nel Dipartimento di Design, Tecnologia dell’Architettura, Territorio e ambiente dell’università  la Sapienza di Roma hanno infatti rivelato che episodi di degrado edilizio e di sovraffollamento abitativo sono ormai considerabili una vera e propria tendenza. Questa sembrerebbe nascere e crescere a sua volta dall’incontro di due realtà : da una parte ci sono stranieri e famiglie che non possono permettersi canoni d’affitto richiesti dal mercato, e dall’altra ci sono proprietari di edifici in condizioni fatiscenti che non intendono impegnarsi in opere di restaurazione degli appartamenti, di certo più onerose rispetto ad un prezzo di locazione basso ma garantito a fine mese. In questo modo, argomenta la responsabile della ricerca Manuela Ricci, il bene abitativo rimane abbandonato a se stesso, la popolazione locale finisce con lo spostarsi verso le periferie, e le fasce più deboli della popolazione continuano a vivere in alloggi pericolanti e con scarse garanzie igienico-sanitarie.

Il ruolo della sussidiarietà 

 

E’ in questo contesto che la sussidiarietà  si rivela come possibile chiave risolutiva del problema. Comuni e cooperative in tutta Italia, da nord a sud, hanno dato vita a numerosi progetti tramite cui riunire sotto lo stesso tetto, appunto, riqualificazione urbana e processo di integrazione sociale in aree ad alta densità  di immigrati. Da questa collaborazione si è innescato poi un meccanismo virtuoso grazie al quale è stato possibile ottenere una riduzione della criminalità  organizzata sul territorio, un aumento del turismo, la conclusione di situazioni di affitti irregolari e esercizi illegali nonché l’avvio di nuove attività  economiche che contribuiscono alla crescita generale del paese.

Dei modelli da seguire

 

Nel concreto, ad esempio, il comune di Riace, nella Calabria ionica, si è occupato di ristrutturare le case sfitte per poi assegnarle a numerosi rifugiati, da palestinesi, curdi ed afghani a somali ed eritrei, realizzando cosìun processo di integrazione che ha restituito Riace al turismo e alla legalità .

Sulla stessa lunghezza d’onda sono i progetti di social housing che Verona e provincia portano avanti dal 1991: qui la cooperativa La Casa per gli Immigrati ha destinato il ricavato delle proprie sottoscrizioni all’acquisto di abitazioni poi distribuite a rifugiati politici o famiglie in situazioni d’urgenza, ad un canone di affitto non superiore ad un terzo del reddito. Oggi sono cinquantaquattro gli appartamenti gestiti dalla cooperativa, a cui dal 27 si è affiancata un’ulteriore iniziativa, a San Martino Buon Albergo, nel veronese. Il Comune ha ricevuto in donazione dalla Nestlè un edificio da ristrutturare, che è stato poi trasformato nel complesso “Come a cà  tua” grazie al lavoro congiunto della cooperativa La Casa per gli Immigrati, la Banca Etica, Fondazione San Zeno e Cariverona. Lo stabile consta di sei unità  abitative che dal 21 sono state consegnate in affitto a famiglie, ad un canone sotto i 4 euro.

Rilevanti anche le esperienze di Bergamo e Brescia, aree che ospitano rispettivamente il 17% di imprenditori stranieri e il 41% di stranieri abitanti nel territorio. Qui i due Comuni hanno collaborato con Confartigianato, onlus, comunità  religiose e in primis con associazioni economiche di settore per realizzare dei distretti territoriali commerciali: i finanziamenti istituzionali sono stati diretti a consorzi di categoria, registrando lo sviluppo di numerosi negozi di vicinato per la vendita di beni di prima necessità  a prezzi di filiera e la sostituzione, nel bresciano, di centri di money transfer e phone center, spesso a copertura di attività  illecite, con negozi cinesi “dal maggiore potenziale economico e migliore aspetto estetico”, come spiega Daria Rossi, responsabile della gestione del territorio del Comune di Brescia.