Un saggio appassionato per una filosofia del risveglio

" L ' indifferenza è l ' altra faccia di una rimozione del dolore " .

Le anime morte

Inizia qui la pars destruens del saggio: qui l’Autrice inizia a mettere a fuoco la tragedia che stiamo vivendo. Le anime morte sono coloro che non sono coscienti della relazione fra la bellezza, che non ci accorgiamo di dissipare – la catastrofe estetica su cui tesse il primo capitolo – e il tragico nascosto dietro a ciò – la catastrofe morale e civile del nostro Paese. Riflettendo su come si è spento in noi il sentimento della bellezza, lavoro caratteristico della rimozione, l’Autrice ci ricorda come l’osceno e il brutto (le anime morte) siano la forma visibile dell’ingiusto e da questo dolore, capace di bucare la nostra indifferenza, dobbiamo ridestarci riscoprendo il valore del giusto.

La giustizia

Che cos’è la giustizia? E perchè rispettarla? Da Platone a Bobbio l’Autrice passa in rassegna le teorie sulla giustizia per recuperarne l’intero contenuto moderno: la giustizia come fondamento di civilità , di polis e civitas. La giustizia diventa cosìfondamento della legge, valore civile e politico che deve essere recuperato attraverso il fondamento ultimo della vita civile: la Costituzione.

Fatti non foste per viver come bruti… o per una cittadinanza delle buone ragioni


La parte finale del saggio mette in luce come non ci possa essere una società  giusta senza soggetti, capaci di esercitare la propria autonomia e responsabilità : “Non può esserci società  giusta senza soggetti di libertà , persone morali” (p.129). La questione civile diventa una questione antropologica. L’Autrice sottolinea come i diversi modelli di società  guidati dalle volontà  politiche altro non siano che impliciti modelli di umanità  di cui vaglia le condizioni di possibilità . Il ‘modello della veglia morale’ sottolinea come l’essere umano sia capace di libera decisione, di responsabilità , di veglia morale e di riflessione critica; il ‘modello degli ipnotizzati morali’ descrive un essere umano dal pensiero statico, che esercita un continuo scetticismo etico e che rappresenta l’ideal tipo del ‘male italico’ che l’Autrice delinea per tutto il libro. L’Autrice mette in guardia dalla ‘bronzea indifferenza’, dal rispetto che diventa furbizia, da tutte quelle caratteristiche che spesso vengono riassunte con la disprezzante espressione “all’italiana”. Come uscirne? Dove porre allora la nostra speranza di riscatto morale e civile? Con un inno socratico. L’esigenza di giustizia si può esercitare attraverso quel modello educativo che la stessa autrice ha definito come ‘il modello della veglia morale’: “la normalità  dell’individuo che emerge dalla comunità  vitale d’appartenenza e dall’anonimato della normalità  primaria (‘ciò che si fa’, ‘si pensa’, ‘si deve’) prendendo posizione (consenso o dissenso) rispetto alla cultura ‘tradizionale’, ai suoi ‘si fa’, ‘si deve’…” (p.139). Ricordando che questo modello è solo una possibilità  per la nostra natura, l’Autrice indica comunque una via di esercizio del proprio essere nel mondo. L’importanza antropologica dell’interrogativo può essere una chiave per ri-generare, rinnovare le nostre posizioni, i nostri sìe i nostri no… insomma i nostri mores, la nostra morale quotidiana.

DE MONTICELLI R., La questione civile, Raffaello Cortina Editore, Milano, 211.