Dall'economia all'antropologia

Esistono varie forme di razionalità  che consentono all'uomo di vivere con l'altro e di evolversi insieme alla società 

Il libro parte da un racconto di Martin Buber che parla di un rabbi che interroga un giovane che aveva incontrato per strada ponendogli un quesito sulla propria vita: ” come vivi? ” . Il giovane, sorpreso, gli parla del suo mestiere e di come sostiene la famiglia. Il rabbi non è pero soddisfatto di tale risposta e diviene più esplicito domandandogli cosa sogna. Questo breve racconto è emblematico in quanto mostra come nell’uomo esistano varie forme di razionalità  che non coincidono con la razionalità  strumentale, derivante dall’universo capitalistico da cui l’uomo è stato invaso nel momento in cui questo è apparso ma si tratta di una convivenza di forze che consentono all’uomo di vivere con l’altro e di evolversi insieme alla società . La diversità  tra le motivazioni più intime che spingono l’uomo ad agire nella società – e che sono parte di una razionalità  antropologica- e la razionalità  strumentale, sta nel fine: nel primo caso la comprensione dell’esistenza è fondata sulla verificabilità  indispensabile per l’uomo,  che è l’unico sulla terra a doversi porre il problema di ” dover essere ” .

Questa idea di ragione non viene determinata nè dallo scambio nè dalla strumentalità  dell’atto, ma da un’idea di trascendenza e quindi di filosofia della salvezza. Ciò che unisce i viventi quindi non è altro che un legame cognitivo, ed è questo il senso che l’autore definisce “alto quanto deviante rispetto all’esistenza”, il quale costruisce l’insieme di vite che vediamo scorrere di fronte a noi nel momento in cui le persone che ne sono protagoniste si pongono il problema del dover essere. Ma ancora ” il dover essere si scontra con l’esserci nel mondo della coscienza infelice, che non vuole far parte del mondo e attende il messia ” . Per cui ci troviamo in uno ” scenario apocalittico ” che genera  tanto l’amore romantico quanto il distacco totalizzante.D’altro canto l’ autore ricorda come l’apocalisse sia l’attesa di una rivelazione redentrice, quindi speranza, in un uomo che   rischia l’annichilimento nel mercato e della politica.

Quindi la società  attuale nel mondo globalizzato, definita da Sapelli “società  dei diritti ” , è caratterizzata da una debole obbligazione politica e una forte cultura dei diritti che accresce l’idea dell’illimitatezza del desiderio da parte del desiderante. Ciò definisce un nuovo concetto di infrastruttura, in cui si afferma solo la multifattorialità  desiderata (cioè il sogno delle infrastrutture). Le infrastrutture, prima considerate come “testimonianza della civilizzazione”(si cita M.Mauss), poi a partire dalla seconda metà  del ‘9 le cose cambiano nel modo già  descritto. Ne consegue una diffusione a livello mondiale dell’ideologia giustificativa del diritto del desiderante. E’ quindi l’illimitatezza del desiderio a dare ordine ai valori dell’essere. Ciò, accompagnato all’aumento della popolazione desiderante a alla diversificazione delle funzioni, ci porta a definire le infrastrutture come l’integrazione di funzioni necessarie socialmente, insieme all’evoluzione delle capacità  ingegneristiche in grado di soddisfare il desiderio di alta qualità  della vita.   Si apre quindi la problematica delle poliarchie moderne (forme di governo in cui il potere è in mano ai benestanti). La risoluzione del problema, cioè la modernizzazione potrebbe avere luogo solo se le forme di politica si regolarizzassero in modo da diventare estranee a interessi particolari, analizzando quindi la poliarchia. Questa è caratterizzata dal rapporto tra la rappresentanza territoriale elettiva e i poteri situazionali attivi nella società  civile fondati sulla proprietà  privata(imprese). Quindi il problema è il rapporto tra ricchezza e potere politico. Ciò induce a porci domande sul processo di formazione delle decisioni politiche.

Questo processo vede un continuo rapporto di pressioni e condizionamenti, da cui si deduce un rapporto tra infrastrutture e ordine politico instabile, e più la società  è stratificata più il processo è difficile nella sua possibilità  attuativa. Perciò si pongono in essere i poteri funzionali di rappresentanza come ad esempio le organizzazioni sindacali, imprenditoriali, datoriali o i movimenti di protesta. Tornando quindi alla poliarchia possiamo dire che riprodurla vuol dire far convivere poteri decisionali a volte opposti. Questa riproduzione condiziona quella delle classi politiche che diffondono le ideologie del principio maggioritario, che in realtà  sono condizionate dal potere situazionale della rappresentanza funzionale. Ciò appare evidente nella mondializzazione della società ,   dei costumi e della cultura da cui ne consegue che la società    desiderante diverrà  la caratteristica delle società  in via di sviluppo. L’ordine politico crea nuovi attori spesso minoritari ma forti perché introdotti in coalizioni deboli. La risposta a tutto questo è la limitazione delle aspettative e il trasferimento delle funzioni decisionali alla classe amministrativa. Si è arrivati, quindi, alla crescita e alla specializzazione delle funzioni, che però   richiede una crescente integrazione delle funzioni. Si hanno quindi due protagonisti: la rappresentanza parlamentare e il potere situazionale dell’impresa. A questi se ne aggiunge un terzo, la cultura delle comunità    desideranti, che la riporta la riflessione a quanto sostenuto all’inizio del testo. Quest’ultimo attore risulta notevolmente aiutato dalla globalizzazione che ha ridotto la povertà . L’autore ricorda come questo sia un problema infrastrutturale di Europa e Nordamerica, rispetto alle veloci metropoli asiatiche, sudamericane ed africane,   che vengono descritte attentamente da Sapelli.

Il libro si chiude con la definizione di alcuni rimedi possibili alla situazione studiata, a cui lo scrittore assegna un ruolo fondamentale per la possibile e reale ” rinascita ” .

SAPELLI G., Un racconto apocalittico. Dall’economia all’antropologia, Mondadori, 211.