Una città resiliente è, fondamentalmente, una città in grado di far fronte alle calamità naturali, riducendo al minimo le possibili conseguenze negative derivanti da fenomeni critici da un punto di vista ambientale.
In questo senso, il mondo del web 2. può e deve avere un ruolo fondamentale nel processo di transizione di una città verso un maggior grado di resilienza. Ne è convinta Elena Rapisardi, che ad apertura di discorso ha persino definito il web 2. “la più grande rivoluzione culturale e tecnologica a cui stiamo assistendo a tutt’oggi”.
Strumenti web 2. per una città resiliente
“E’ vero che il mondo del web 2. è dominato da tanta tecnologia – continua la relatrice – ma per poter utilizzare appieno tutti gli strumenti che esso ci mette a disposizione non si devono ignorare quelle che sono le parole-chiave che lo caratterizzano, quali condivisione, collaborazione, comunicazione, cooperazione, apertura, inclusione.”
L’opinione sostenuta nell’ambito della sua esposizione attribuisce al web 2. il merito di aver operato un’importante rivoluzione democratica, permettendo ai cittadini, alle comunità e alle singole persone di poter accedere ad un importante canale di comunicazione ‘a due vie’, che consente uno scambio di informazioni e dati non solo verticalmente con le istituzioni, ma anche orizzontalmente tra di loro. Ed è proprio servendosi di questi nuovi strumenti che i cittadini possono diventare un importante tassello nella costruzione di una città resiliente.
“L’impegno per essere resilienti – riprende Rapisardi – passa attraverso l’impegno non solo delle istituzioni ma anche delle comunità e dei singoli” in un circolo di collaborazione (1). “Per ciò che concerne il ruolo dei cittadini all’interno di questo processo, il problema risiede nel passaggio da una partecipazione emozionale e passiva di fronte ad eventi cataclismatici ad una collaborata e proattiva”. Un concetto che ricalca perfettamente quello già espresso dal famoso geografo Michael Frank Goodchild che parla, appunto, di citizen as sensor.
Coinvolgere la comunità nell’intero processo
Detto questo, ed inserendo i disastri naturali all’interno di un ciclo – costituito per sua stessa essenza da un prima e da un dopo – ne deriva come risultato la necessità di coinvolgere le comunità tanto nella fase di preparazione ad un ipotetico pericolo, quanto in quella di gestione dell’evento e di valutazione delle sue conseguenze, considerando dunque i cittadini come “importanti erogatori di informazioni e come termometro di ciò che sta succedendo”.
A conferma di questa sua riflessione, Rapisardi cita il ruolo fondamentale svolto dai social media nella gestione di alcune emergenze nazionali, dal disastro dell’Isola del Giglio all’emergenza neve fino alle alluvioni dello scorso anno; social media come twitter, che hanno contribuito in prima linea alla costruzione e all’accelerazione delle informazioni, anticipando nei tempi i media tradizionali e le stesse istituzioni.
“La resilienza è un qualcosa che attiene a tutti noi – conclude la relatrice – ed ognuno di noi deve chiedersi quanto è resiliente e quanto possa aumentare la propria dose di resilienza nel proprio lavoro”.
Per guardare il video integrale dell’intervento di Elena Rapisardi al Forum Pa 212, clicca qui.
(1) Elena Rapisardi cita a tal proposito un passaggio riportato nel programma delle Nazioni Unite denominato “How to make cities more resilient“, in cui si afferma: “To be effective and contribute to a city’s development and safety, managing disaster risk and understanding the potential threats of complex events requires a holistic approach and must include the involvement of local government decision makers, city officials and departments, academia, business and citizen groups”.