Nel corso dei lavori sono emersi punti di forza e criticità della governance dei beni comuni, a partire dalla specificazione di cosa si intenda per governance stessa. Come evidenziato dal direttore di Labsus Christian Iaione infatti, è bene chiarire quale sia il soggetto scelto come interlocutore. Il referente “non è più l’homo oeconomicus mosso esclusivamente da un self-interest, né il cittadino della democrazia rappresentativa chiamato a dare una delega ogni cinque anni” spiega Iaione, ma un nuovo soggetto consapevole ed attivo da rendere modello di cittadinanza. In questo senso è necessario chiarire anche quali siano gli strumenti di governance, tra cui Iaione distingue due modelli. Accanto a modelli strutturali che prevedono una gestione diretta del bene comune da parte del cittadino in condivisione con altri, come quelli di fondazioni ed associazioni, si individuano modelli di regolazione del comportamento individuale come politiche pubbliche che indirizzino i comportamenti dei cittadini in una data direzione.
Tuttavia il comando giuridico può non essere sufficiente, come confermato dalla mancata applicazione della norma romana che richiede ai condomini di rimuovere i graffiti presenti nei loro palazzi, se non viene accompagnata da ulteriori incentivi. Questi incentivi secondo Iaione non possono prescindere da un’attività di formazione che diffonda la cultura della sussidiarietà , a partire dalla presa di coscienza che le istituzioni da sole non bastano a se stesse.
Criticità e punti di forza
Dall’analisi del sistema di governance dei beni comuni, prosegue Iaione, emergono alcune criticità . Una di queste è la necessaria regolazione dei conflitti tra cittadini, spesso in disaccordo su quale bene comune tutelare e come farlo. Un valido strumento di risoluzione potrebbe allora essere privilegiare la cooperazione, tramite forme di gestione aperta che promuovano inclusione e aggregazione, anziché bandi che favoriscono invece una competizione di carattere escludente.
Iaione sottolinea poi l’importanza di evitare che si creino aspettative e prerogative nei cittadini volti alla tutela del bene comune, che ne rivendicherebbero l’esclusività in nome della cura prestatagli; e la necessità di un attento e continuo monitoraggio del bene comune, che non deve essere lasciato a se stesso né dai cittadini né dai poteri pubblici. Il direttore di Labsus porta ad esempio l’esperienza del Central Park di New York, gestito da un’associazione di cittadini volontari che hanno però posto come condizione della loro attività la continuazione dei finanziamenti pubblici per la cura del parco, al fianco del loro impegno nel coordinare il lavoro dei volontari e attivare ulteriori azioni di fundraising.
Accanto a questi aspetti, la governance dei beni comuni presenta anche degli innegabili punti di forza, a partire dal suo contributo al Welfare State, fa presente Iaione. Infatti i cittadini vivono meglio nella loro comunità se sentono di esserne protagonisti e che le loro risorse valgono e vengono valutate utili. Inoltre è un incentivo a ridurre il fenomeno della corruzione amministrativa, in quanto il cittadino attivo e vicino si presenta come un ulteriore monitore che esercita un controllo più costante. Infine, la governance dei beni comuni ha anche un rilevante valore economico: non solo si registra un aumento di nuove imprese sociali e la nascita di nuove professioni, ma contribuisce allo sviluppo di un’energia civica che incrementa il valore economico complessivo della società . Non è un caso, ricorda Iaione, che nelle comunità in cui sono presenti esperienze di community gardening si ha un corrispondente aumento del valore immobiliare delle proprietà .
Le raccomandazioni
La governance dei beni comuni è quindi un modo per evitare che la cura degli stessi si declini in termini di città private, dove il pubblico è assente e i privati ne diventano unici gestori. Al fine di sviluppare al meglio questa pratica di gestione condivisa tra poteri pubblici e cittadini, dai lavori del tavolo tematico sono emersi tre elementi su cui concentrarsi.
Il primo aspetto è quello della necessità di vincere i timori delle amministrazioni pubbliche riguardo la cooperazione con i cittadini. Queste sono spesso preoccupate delle responsabilità cui andrebbero incontro o in altri casi delle numerose lamentazioni che riceverebbero da parte dei cittadini. Questo ostacolo può essere superato promuovendo una cultura dell’ascolto reciproco; aprendo le porte a nuovi gruppi e collaboratori preziosi come i facilitatori, posti come intermediari tra amministratori ed amministrati per ridurre e risolvere situazioni di conflitto o di incomunicabilità ; partire dal presupposto della coerenza tra mezzi e fini, che richiede una prassi di trasparenza, regole democratiche e fiducia tra gli interlocutori; sfruttare le nuove tecnologie come strumenti di collaborazione e non solo di denuncia.
Il secondo elemento è la definizione del ruolo dei poteri pubblici. Le amministrazioni devono incentivare e sostenere le attività dei cittadini in una forma di reale cooperazione: ad oggi infatti il pubblico tende a trasferire su cittadini attivi e volontari gran parte dei propri oneri, dalla responsabilità assicurativa alla manutenzione ordinaria del bene, oppure sceglie forme di gestione clientelari che escludono il privato cittadino dalla partecipazione al percorso pubblico non riconoscendo le sue risorse messe a disposizione della comunità . Un’inversione di tendenza, si è discusso nel tavolo tematico, potrebbe essere anche quella del bilancio partecipativo ossia la possibilità di aprire le questioni di bilancio, relative alla distribuzione delle risorse finanziare pubbliche, alla partecipazione dei cittadini stessi, che potrebbero decidere in parte quali progetti finanziare con soldi pubblici, realizzando cosìprogetti realmente condivisi.
Il terzo aspetto su cui concentrarsi è quello della responsabilità dei cittadini. E’ necessario infatti assicurare la continuità nel tempo dei progetti di cura dei beni comuni, per evitare che i cittadini scoraggiati dagli ostacoli amministrativi o dal mancato riconoscimento del loro contributo abbandonino il progetto e con quello il bene comune. A questo scopo è fondamentale una formazione congiunta di tecnici, dirigenti e cittadini perché tutte le parti siano preparate e abbiano un metodo operativo. Il rischio infatti è quello di presentare progetti non assimilabili dalle amministrazioni o che viceversa le amministrazioni abbiano difficoltà a comunicare con i cittadini. Infine un ulteriore incentivo è quello di dare visibilità non solo ai problemi ma anche alle buone pratiche e ai progetti ben riusciti.