L’Autrice sottolinea come gli schemi del pubblico e del privato non consentono una idonea collocazione per i beni comuni, i quali, anche nell’evoluzione giurisprudenziale vengono oggi esaminati sotto una “prospettiva personale-collettivistica”.
La difficoltà di stilare un elenco dei beni comuni, la cui consistenza può essere sia materiale che immateriale, attinenti a differenti aspetti del benessere individuale e collettivo, ha portato la dottrina ad individuare il carattere distintivo nella qualità delle utilità che essi possono offrire, in quanto strumentali al godimento dei diritti di libertà .
L’indicata eterogeneità costituisce, altresì, una delle ragioni dei diversi regimi giuridici a cui tali beni vengono sottoposti e dei diversi livelli di protezione per essi predisposti.
Per questo l’Autrice suggerisce un ripensamento della loro collocazione ed un superamento della dicotomia pubblico-privato, a favore di uno statuto giuridico unitario, indipendentemente dalle singole discipline positivizzate, partendo dalla loro dimensione collettivistica.
La Prof.ssa Chirulli svolge, pertanto, una rapida rassegna dell’evoluzione giurisprudenziale in materia ed analizza il testo di riforma del codice civile elaborato dalla Commissione Rodotà , soffermandosi sui meriti di questo e sui suoi profili critici.
Dal fondamento giuridico, ai rapporti con il diritto di proprietà e con i diritti fondamentali, l’analisi si sposta poi sulla centralità dei diritti di partecipazione per la formazione delle decisioni pubbliche incidenti sull’utilizzo e sulla regolamentazione dei beni comuni.
Il diritto alla condivisione delle scelte, i doveri di solidarietà e la necessità di condivisione delle scelte divengono quindi il fulcro della riflessione, e costituiscono un elemento imprescindibile per assicurare la fruizione collettiva e garantire la conservazione dei beni comuni.