edificiRitardo e lacune legislative sul tema delle rinnovabili e dell’efficienza energetica degli edifici. Sono questi i riscontri del rapporto “Tutti in classe A” di Legambiente, che ha monitorato 2 edifici in 21 città  italiane evidenziando come la necessità  di una salto di qualità  sia ormai ineludibile alla luce dei vantaggi in termini di risparmio nei consumi e di ecosostenibilità  che deriverebbero dall’applicazione degli indirizzi europei. La ricetta dell’associazione è chiara e passa per il rafforzamento di controlli e sanzioni, l’obbligo del grado A nella certificazione energetica dei nuovi edifici e gli incentivi per il miglioramento della classe dei vecchi stabili.

Edifici che nascono già  vecchi

Nell’istantanea dell’Italia di Legambiente, a edifici “attempati” si affiancano complessi edilizi nuovi, perché costruiti negli ultimi anni, ma già  vecchi in quanto a risparmio energetico. I problemi nelle 91 strutture analizzate e costruite negli ultimi dieci anni sono i più disparati: segni di umidità , distacchi, problemi dei materiali in facciata sono solo i segni più evidenti di una mancata innovazione che si ripercuote sull’ecosostenibilità  delle strutture e sulle tasche delle famiglie, costrette a investire più del dovuto in riscaldamenti e impianti di condizionamento. Criticità  che sono risultate evidenti tramite il test delle termofoto, attraverso le quali è stato possibile rilevare dei contrasti cromatici sulle pareti degli edifici che mettono in evidenza le perdite di calore e la scarsa inerzia termica degli stabili. La poca attenzione verso tali tematiche è clamorosamente evidente anche nelle strutture realizzate a Milano e Alessandria da architetti famosi come Fuksas, Krier e Gregotti, nelle quali si registrano le stesse dispersioni termiche presenti negli edifici di firma meno prestigiosa, oltre a una discutibile disposizione degli edifici rispetto alla luce solare, che incide fortemente sul comfort interno.

Ristrutturazione, una necessità  per i vecchi stabili

In base al rapporto è evidente che le strade da intraprendere per promuovere il risparmio energetico al più presto siano due: legislazione più attenta e riqualificazione edilizia. Per quanto riguarda la riqualificazione è necessario considerare che i tre quarti degli edifici italiani sono stati costruiti tra il 1946 e il 1991. Su queste strutture, nelle quali si registrano delle enormi dispersioni di calore, si potrebbe intervenire con una tecnica di isolamento “a cappotto” attraverso strati di materiali come fibre di legno, fibre minerali, lana di pecora, canapa. Le termofoto scattate a Firenze, Pesaro e Pescara su edifici oggetto di ristrutturazioni di questo tipo hanno mostrato l’efficacia di questa tecnica, che ha permesso alle famiglie di ridurre del 4-5% i consumi energetici.

Il ritardo legislativo

Dal punto di vista legislativo il ritardo del nostro Paese è, poi, evidente. Negli ultimi anni L’Unione Europea con le direttive 91 del 16 dicembre 22 e 32 del 5 aprile 26 ha stabilito dei criteri di calcolo e degli standard minimi di riferimento per i rendimenti energetici degli edifici con il supporto di alcuni incentivi. Inoltre la direttiva 31 del 19 maggio 21 ha alzato l’asticella degli obiettivi da perseguire in questo campo: dal 219 tutti i nuovi edifici pubblici (dal 221 quelli privati) dovranno essere “neutrali” da un punto di vista energetico. Questo significa che entro quella data si dovranno raggiungere delle prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento o soddisfare tali esigenze attraverso l’apporto di fonti rinnovabili. In Italia la certificazione energetica è divenuta obbligatoria con il decreto legislativo 311/26 e i rendimenti degli edifici vengono classificati in base a una scala che va dalla classe A+ alla G. La normativa interna sconta però diverse lacune. Lo scorso 26 aprile l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia Europea: la normativa interna non è conforme alle disposizioni relative agli attestati di rendimento energetico e non rispetta le misure relative alle ispezioni dei sistemi di condizionamento d’aria. In base alla direttiva europea del 22, i certificati e le ispezioni devono essere affidati a esperti qualificati o accreditati, mentre in Italia sul punto esistono delle deroghe, nonostante l’autocertificazione non fosse assolutamente contemplata nella direttiva europea.

Controlli e sanzioni: bocciate le Regioni

Ancora tante le Regioni ferme al palo nell’introduzione di criteri, controlli e sanzioni in questo ambito. In ben dodici Regioni italiane non esistono forme di controllo e sanzioni per la certificazione energetica, in tredici non c’è alcun obbligo per il contributo delle energie rinnovabili ai fabbisogni energetici. Cosìil rapporto di Legambiente promuove sui temi dell’efficienza energetica e dell’attenzione per le rinnovabili le sole Province autonome di Trento e Bolzano, capaci di elaborare un sistema credibile di obblighi, controlli e sanzioni; rimanda a settembre Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia, che peccano sul sistema di controlli e sanzioni e boccia senza appello tutte le altre Regioni.