Parla il coordinatore dei rapporti con i cittadini e del sito web nell'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri

"Per un'Europa forte e coesa è essenziale una migliore comunicazione fra istituzioni comunitarie e cittadini"

Lei è presidente della Commissione che si occupa di valutare i progetti per la comunicazione dell’iniziativa europea sui diritti di cittadinanza. Quali sono gli obiettivi della campagna?

 

“Premettiamo che il dipartimento per le Politiche europee ha indetto una gara pubblica per l’affidamento del servizio di organizzazione e realizzazione di una campagna pubblicitaria multimediale sui diritti della cittadinanza (come dice il titolo: “Una Campagna pubblicitaria sui diritti della cittadinanza”). La finalità  principale della campagna sarà  quella di informare e sensibilizzare i cittadini sui più importanti diritti connessi alla cittadinanza nell’ambito dell’Unione Europea. La Commissione che presiedo ha il compito di studiare tutte le proposte pervenute e scegliere quella migliore. Il processo di valutazione è ancora in corso: si dovrebbe concludere entro la fine di ottobre. La campagna vera e propria verrebbe poi realizzata nei prossimi due anni, attraverso il web e i media tradizionali (sia nazionali che locali). Quello che stiamo cercando di valutare come Commissione non è solamente la capacità  di impatto della proposta (e cioè quante persone riuscirà  a raggiungere) ma la qualità  dell’idea: se cioè riesce a suscitare una riflessione nei destinatari, accendendo la curiosità  di informarsi e conoscere meglio i propri diritti”.

 


Da cosa nasce l’idea di proclamare il 213 anno della cittadinanza europea?


“L’iniziativa è focalizzata sulla necessità  di far conoscere ai cittadini l’esistenza di diritti connessi al possesso della cittadinanza europea. Purtroppo sono ancora in tanti quelli che non conoscono (o conoscono solo in parte) i diritti legati all’appartenenza all’UE. In un periodo cosìdifficile per molti governi nazionali e per la stessa Unione, una campagna di sensibilizzazione e informazione diffusa tra tutti i Paesi europei è uno strumento prezioso per “avvicinare” i cittadini alle istituzioni europee”.

 


In un periodo di crisi come questo, le istituzioni europee vengono avvertite come distanti dalla gente comune. Cosa si può fare per ricucire questo “strappo”?


“La prima cosa da fare è comunicare ai cittadini, informarli, renderli consapevoli di quello che succede. Può sembrare una banalità  ma soprattutto negli anni passati l’Europa era un concetto lontano. Molti governi hanno usato l’alibi europeo per giustificare le misure di rigore, prendendosi invece il merito delle iniziative a favore dei cittadini, anche quando queste erano frutto dell’attività  delle istituzioni europee. Questo gioco è stato possibile anche a causa della disinformazione di ampie fasce della popolazione. Comunicare, quindi, è la prima azione da compiere. Ce n’è poi una seconda, ed è quella della partecipazione. bisogna dare ai cittadini l’opportunità  di esprimere la propria idea, di sentirsi partecipi in prima persona delle decisioni che vengono prese a Bruxelles e Strasburgo. In questo sono stati fatti importanti passi in avanti: la Commissione ha un sistema di partecipazione molto sviluppato. Manca forse un maggiore impegno degli Stati Membri in tal senso”.

 


Secondo alcuni il progetto dell’Unione Europea è fallito sia sul piano economico che politico: sarebbe un azzardo tornare ad un’Europa di stati?


“Non condivido affatto le opinioni catastrofiste di chi vede il progetto europeo come un fallimento. Sicuramente l’idea di unire politicamente ed economicamente tutta l’Europa è un progetto ambizioso e molto complesso. Se già  in Italia spostarsi da una città  all’altra significa incontrare realtà  molto diverse tra loro, a volte anche in modo radicale, in Europa questa eterogeneità  è ancora più amplificata. Ma questa è una ricchezza, non un ostacolo. L’Unione europea del prossimo futuro dovrà  valorizzare questo elemento: riconoscere, tutelare e valorizzare le differenze culturali, comprendendole però sotto un “cappello” comune di principi. In questo modo ne uscirà  rafforzata l’unità , anche politica, senza che nessuno si debba sentire minoranza”.