Di qui la configurazione eteronoma della dimensione giuridica, che potestativamente conferisce ordine alle relazioni intersoggettive. Solo la volontà del soggetto pubblico, infatti, sovrapponendosi a quella dei privati, renderebbe ordinate e regolari le condotte individuali, assunte come sregolate e conflittuali. Il pubblico è cosìil demiurgo: sovranamente, senza doversi giustificare, stabilisce ciò che serve alla vita del consorzio sociale, a tenere cioè a freno impulsi ed appetiti di soggetti smodati (1).
La riflessione filosofica sull’esperienza giuridica (2) tuttavia, mette in luce la natura umana, l’essenza dell’uomo, che tende al bene comune in virtù di relazioni dialettiche con gli altri membri dell’associazione societaria. Siffatto ordinamento intersoggettivo viene supportato dalle istituzioni, che intervengono in aiuto dell’autonomia soggettiva, laddove essa nella sua attività di autoregolamentazione non pervenga ad un efficiente ed equo regolamento degli interessi della vita comunitaria (3).
Il riconoscimento dell’autonomia personale da parte dell’ordinamento trova un’importante manifestazione nel sostegno alle formazioni sociali che svolgono attività e servizi in settori tradizionalmente spettanti all’amministrazione pubblica (4). Ne è un esempio significativo la legge 8 novembre 2, n. 328, volta alla “realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali” ed avente come scopo “anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata”. Si è trattato di una tappa fondamentale della riforma dell’organizzazione giuridica dei servizi alla persona che, a ben vedere, ha preso avvio grazie alla Corte Costituzionale, la quale con la sentenza del 24 marzo 1988, n.396 ebbe a dichiarare l’illegittimità della qualificazione pubblicistica delle l. P. A. B., cosi decretando lo fine del monopolio statale nelle attività di assistenza e beneficenza, che durava dalla legge Crispi del 189. La Consulta ha poi provveduto, di recente, ad alimentare tale processo innovatore con la sentenza del 24 settembre 23, n. 3 con la quale ha dichiarato che le fondazioni di origine bancaria sono soggetti dell’organizzazione delle libertà sociali: organi per cosìdire delle società civile con cui la stessa provvede ad individuare ciò che è opportuno, conveniente, necessario per la sua vita (5).
Per tal modo, il singolo è riconosciuto capace di farsi carico delle esigenze poste dalla vita in comune, di esercitare i propri carismi in vista non soltanto dell’utile personale ma anche di quello sociale. L’uno non può andare disgiunto dall’altro: non vi può essere benessere individuale senza che vi sia quello generale e viceversa, in quanto l’utile generale non è tale se prescinde dalla considerazione di quello individuale. Di qui il ruolo insostituibile del diritto nell’esperienza umana, adducendo esso la giustizia e la prudenza qualora esse difettino nella ricerca autonoma del proprio di ciascuno.
“Nel concreto dell’esperienza giuridica, la iuris prudentia, che non è la prudenza applicata al diritto, ma la via del diritto alla prudenza, apre nel finito un varco all’infinito, nel transeunte un varco al perenne, che consente agli uomini divisi dalle liti di recuperare la relazione personale che li caratterizza come uomini, perché, in virtù della volontà del Bene, la rappresentazione veritiera del suo di ciascuno diventa regola e forma dell’azione” (6).
1) Per una ricostruzione critica della dicotomia tra privato e pubblico, sia consentito rinviare a L. FRANZESE, Il contratto oltre privato e pubblico. Contributi della teoria generale per il ritorno ad un diritto unitario, II ed., Padova 21. Sul paradigma della sussidiarietà , si veda G. ARENA, Cittadini attivi. Un altro modo di pensare l’Italia, Roma-Bari 26, che però lo giustappone al paradigma bipolare in cui si incarna la dicotomia tra privato e pubblico; per l’avviso espresso nel testo si può vedere, invece, L. FRANZESE, Percorsi della sussidiarietà , Padova 21.
2) Per la nozione di esperienza giuridica si vedano, per tutti, G. CAPOGRASSI, Analisi dell’esperienza comune, Milano 193; ID., Il problema della scienza giuridica, Milano 1937; E. OPOCHER, Esperienza giuridica, in “Enciclopedia del diritto”, XV, Milano 1966.
3) Allo sguardo dello storico, avvezzo a individuare continuità e discontinuità , il nostro appare come un “tempo di transizione oltre la modernità giuridica, oltre le sue costruzioni, le sue convinzioni, le sue inattaccabili certezze”: P. GROSSI, Introduzione al Novecento giuridico, Roma-Bari 212, p. XI; una discontinuità è sperimentabile, ad esempio, nel campo dei rapporti tra la sfera giuridica e quella economica: G. NAPOLITANO, Uscire dalla crisi. Politiche pubbliche e trasformazioni istituzionali, Bologna 212.
4) Una lucida critica alla identificazione tra interesse pubblico e gestione statale dei servizi era già contenuta in V. POTOTSCHNIG, I pubblici servizi, Padova 1964.
5) Una penetrante riflessione sul valore della cittadinanza attiva, sulla capacità cioè dei singoli di agire autonomamente nell’interesse generale, partendo dall’esperienza dei casi concreti e alla luce dell’evoluzione normativa, giurisprudenziale e dottrinale del principio di sussidiarietà , è quella di G. ARENA e G. COTTURRI (a cura di), Il valore aggiunto. Come la sussidiarietà può salvare l’Italia, Roma 21.
6) F. GENTILE, Legalità Giustizia Giustificazione. Sul ruolo della filosofia del diritto nella formazione del giurista, Napoli 28, pp. 15-6.