La task force fai-da-te è già rodata e pronta da giorni. Ci si organizza tra vicini di casa, con turni stabiliti quasi con naturalezza, per monitorare il nemico numero uno: fossi e canali del territorio, i serpentoni di cemento che scorrono tra le ville, da cui eruttò il fiume nero di detriti e fango. I cittadini riuniti nel Comitato Punta Malafede, la ronda in salita se la fanno ormai una volta a settimana. «Dobbiamo proteggere le nostre famiglie, – spiega semplicemente Daniele Dolfini, come se questo compito spettasse a loro – controllare che il canale sia libero da detriti, in modo che l’acqua defluisca in modo naturale. Appena piove siamo sugli argini. E chi dorme? Nei prossimi giorni saremo alla nostra solita postazione ». Truppe cittadine, armate solo di calosce e cellulari per dare l’allarme. Il Canale più sorvegliato è stato il Palocco, all’Infernetto: una ferita aperta nel cuore del quartiere che si porta dietro un carico d’acqua enorme, da Dragona, Acilia e Casalpalocco. Qui l’allarme è arrivato attraverso il passa-parola tra gli abitanti, prima dell’ufficiale allerta meteo. I cittadini dopo la tragedia e il post-alluvione dello scorso anno, hanno imparato a gestire situazioni del genere ancora prima dell’intervento delle istituzioni.
Alla fine il vortice di vento e pioggia se ne è rimasto al largo del lungomare di ponente e l’emergenza è rientrata dopo qualche giorno.
Intanto i cittadini hanno sperimentato abilmente una nuova pratica di gestione di un’emergenza che purtroppo si ripresenta di anno in anno.