Ci possono essere tanti modi per definire la classe dirigente. Ma credo si possa convenire che una delle caratteristiche della classe dirigente è saper rinunciare alla difesa degli interessi individuali dei propri membri per promuovere l’interesse generale o, detto in altro modo, il bene comune.
Se si accetta tale definizione, se ne deduce che quella espressa in Italia dai partiti negli ultimi vent’anni non è una classe dirigente, bensìuna casta di privilegiati dedita al saccheggio sistematico delle risorse pubbliche. Vi sono state certamente alcune eccezioni, tanto più luminose in un quadro cosìdegradato dell’etica pubblica, ma tali sono purtroppo rimaste.
In questa fase è ancora più urgente di quanto non lo fosse in passato dotarci di una classe dirigente degna di questo nome, perché affrontare la crisi avendo ai vertici del sistema una casta che privilegia i propri interessi rispetto all’interesse generale è garanzia di rovina.
Ma dove trovare una nuova classe dirigente? Forse la risposta è sotto i nostri occhi, ma non la vediamo. Infatti, mentre in questi anni politici incistati nei più vari centri di potere si ingegnavano a trovare nuovi modi per perpetuare i propri privilegi, migliaia di persone normali dimostravano quotidianamente che una vera classe dirigente in Italia può esserci, anzi c’è già . Se infatti il carattere discriminante di una classe dirigente consiste nel saper rinunciare alla difesa dei propri interessi per promuovere l’interesse generale, nell’essere cioè dis-interessata, allora in Italia per fortuna esiste già una classe dirigente con questa caratteristica.
Ce l’abbiamo da anni, è diffusa su tutto il territorio nazionale, opera con competenza ed efficacia in tutti i settori della vita collettiva e coinvolge un numero enorme di persone. Ed ha anche un nome: volontariato.
Citazione suggerita:
ARENA G., Una nuova classe dirigente dall’esperienza del Terzo settore, in Labsus Papers (212), Paper n. 29.