I recenti tagli al budget (circa il 2%), imposti dal regime di austerity, rischiano di rendere necessaria una misura decisamente drastica per preservare il sito: ” Ho paura che stiamo prendendo in seria considerazione l’idea di proteggere questo ritrovamento sensazionale ricoprendo di terra l’intero sito ” , ha dichiarato Mariarosaria Barbera, da febbraio nuova soprintendente speciale ai beni archeologici di Roma.
Non è un ritrovamento minore
A causa delle difficoltà al traffico che si venivano a generare con l’apertura frequente di siti di scavi, nella capitale la pratica di ricoprire monumenti minori è diventata comune negli anni: ma in questo caso le dimensioni ed il prestigio del mausoleo non giustificherebbero un simile approccio. Darius Arya, archeologo americano che ha, prima, lavorato al sito e che ora è impegnato nella campagna per preservare il sito, ha dichiarato che si tratta di un sito straordinario e che, addirittura, ” Ricoprire questi reperti sarebbe un disastro, ti domandi quale sia il senso dell’archeologia ” .
Miracolosamente sopravvissuto per 18 anni della turbolenta storia della capitale, il sito è oggi esposto ad un infinità di fattori ambientali (inquinamento atmosferico, accumuli di acqua piovana, fratture causate dal ghiaccio) che rischiano di comprometterne seriamente l’integrità . A causa dei suddetti tagli alle spese le risorse necessarie a tutelare il sito non saranno disponibili a meno che non si renda disponibile uno sponsor esterno.
L’attivazione sociale
Il 4 dicembre è arrivata la dichiarazione della soprintendenza che annunciava che il sito archeologico sarebbe stato ricoperto: e così, data la mancanza di fondi ed il rischio che il sito possa non essere mai completamente scavato, l’approccio prudente e conservativo sembrava destinato a prevalere definitivamente.
Anche grazie alla mobilitazione della stampa, che ha dato visibilità al caso, il 1 dicembre l’American Institut of Roman Culture ha lanciato una petizione online per ” Salvare la Tomba del Gladiatore a Roma ” , seguita da un appello, lanciato dallo stesso Russell Crowe, per una raccolta fondi da destinare alla tutela di questo sito. In undici giorni la petizione lanciata dall’AIRC ha raccolto 22 firme ed ha attivato un’intensa rete di bloggers e twitters. Si tratta di una dimostrazione concreta di ” crowdsourcing at work ” , ovvero la delega di un interesse, da parte di un’istituzione che non è in grado di occuparsene, ad un insieme indefinito di persone non organizzate in una comunità preesistente.
Purtroppo non tutte le componenti dell’immenso patrimonio archeologico italiano possono beneficiare della empatia mondiale generata da un successo come Il Gladiatore, né di un testimonial altrettanto celebre come Russell Crowe. Ma c’è una lezione universalmente valida che emerge da quest’episodio: conoscere le storie della nostra Storia è una delle leve più potenti per attivare la società a tutela del patrimonio comune.