L’idea di dar vita a questo innovativo laboratorio trae origine da due constatazioni: la centralità che assumono i beni comuni nella nostra società e la conseguente necessità di formare professionisti, oltre che cittadini, in grado di guidare la società verso un modello di amministrazione condivisa di questi beni. Partendo da questa premessa, diventa fondamentale l’impostazione di un nuovo modello formativo. Il dibattito teorico resta, senza dubbio, uno dei capisaldi della didattica, ma non può e non deve bastare. Formare manager dell’amministrazione condivisa vuol dire quindi dare all’educazione un carattere non formale, per preparare gli studenti a mettersi alla prova sul campo piuttosto che perdersi in congetture. Il laboratorio sarà , a tal proposito, basato sulla metodologia didattica della “clinical education”.
Una nuova disciplina: la cura dei beni comuni
L’aggettivo “comuni” dovrebbe già bastare, di per sé, a far prendere coscienza di quanto siano fondamentali queste tipologie di beni nella nostra vita. Inoltre il fatto che l’Italia sia ricca di potenziali in questo ambito, dovrebbe costituire motivo aggiuntivo di interesse. Nella pratica però il divario che esiste tra beni privati, di cui abbonda il nostro Paese, e beni comuni, in cui a scarseggiare è soprattutto la cura e la gestione, aumenta sempre di più. Questo gap risulta ancora più allarmante in questa cruciale fase di crisi economica e sociale. Il dibattito dottrinale già da tempo si occupa della difesa dei beni comuni, ma da questo “discorso” non possono restare escluse le Università , fonti di ricerca e sapere. Le Università , infatti, sono deputate alla formazione, e il legame tra queste e la collettività genera a sua volta un bene comune: la conoscenza, che è la fonte primaria di ogni progresso. Prendersi cura dei beni comuni non dovrebbe, quindi, essere solo un buon proposito di ogni cittadino, ma una vera e propria materia da insegnare ai futuri amministratori del nostro Paese.
Un modello educativo non formale
Il laboratorio prevede una metodologia didattica articolata in tre fasi principali. Gli studenti dovranno affrontare discussioni teoriche volte ad analizzare i beni comuni sotto l’aspetto normativo, sociale ed economico. L’acquisizione delle competenze di governance proseguirà con l’apprendimento di capacità tecniche e gestionali. Infine, e questa è la vera innovazione, si proseguirà con la sperimentazione on field di quanto appreso. Saper unire la teoria alla pratica, questa è la marcia in più che i professionisti dell’amministrazione condivisa dovranno avere. Inoltre guardare la realtà con i propri occhi e non solo con quelli degli “esperti”, oltre a dare una conoscenza a tutto tondo agli studenti, sarà utile anche al fine di sfatare taluni preconcetti come quello che prendersi cura dei beni comuni sia un’utopia.
L’importanza di formare nuove tipologie di manager pubblici
La pubblica amministrazione italiana ha bisogno di un rinnovamento e per garantire al Paese la presenza di una classe dirigente responsabile è necessario investire sulla formazione. Come spiegato in varie occasioni dal professore Gregorio Arena, i professionisti del settore pubblico devono essere in grado di porsi alla guida del cambiamento di paradigma amministrativo ormai in atto. Il Laboratorio per la governance dei beni comuni si pone proprio questo ambizioso, possibile quanto doveroso, obiettivo.