Che l’acqua sia un bene prezioso e da preservare è un dato di riflessione che ci accompagna oramai da qualche tempo: la natura fondamentale del diritto all’acqua comporta che tutti possano beneficiare, giornalmente, di un quantitativo minimo di acqua di buona qualità . Questo è il messaggio principale che è stato catapultato al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica con l’acceso dibattito svoltosi in occasione del referendum abrogativo del giugno 211, vertente sulle modalità di gestione del servizio idrico integrato. Da qui, la constatazione della specialità di quest’ultimo rispetto alla generalità degli altri servizi pubblici locali e la rivendicazione che esso non fosse soggiogato da logiche imprenditoriali, bensìorientato ai valori della sostenibilità e solidarietà stabiliti dalla disciplina di settore.
Il saggio di Emanuele Boscolo rappresenta indubbiamente, nell’à mbito dei contributi su un tema di grande attualità , qual è questo, una lettura fondamentale per meglio inquadrarlo da un punto di vista schiettamente giuridico e con approccio rigorosamente oggettivo. L’intento che si prefigge l’autore è, infatti, quello di fornire, una puntuale ricostruzione della disciplina del governo delle acque nel nostro paese, alla luce di quel cambio valoriale da essa subìto e da cui sono scaturite, per importanti istituti giuridici del diritto amministrativo, innovazioni legate alla necessità di adattarne i caratteri alle esigenze emergenti nell’à mbito delle politiche idriche. Nello specifico viene esaminata la natura demaniale del bene, di cui si afferma il significato “custodiale”, gli strumenti di pianificazione a disposizione delle autorità pubbliche, con il definitivo riconoscimento della loro centralità nonché, infine, le concessioni amministrative e la loro necessaria riconduzione all’interno di una prospettiva di compatibilità ambientale.
Partendo dalla costatazione dell’attuale stato di degrado dell’acqua dovuto a decenni di sovrasfruttamento, il regime della risorsa idrica viene scandagliato nella prospettiva di queste tre figure giuridiche, di cui si mette in luce il nuovo significato, leggibile sulla filigrana delle più recenti evoluzioni della sua disciplina. L’autore non si esime dal richiamare, in più punti della sua riflessione, la teoria dei beni comuni, sostenendo che la scelta a favore della demanialità delle risorse idropotabili, abbia un significato del tutto avulso dalla tradizionale assiologia codicistica e debba piuttosto essere letta strumentalmente alla tutela del bene, riportando alla mente il paradigma di una “proprietà di terzo grado”, di cui Stefano Rodotà ha sostenuto l’estensione a tutti quei beni idonei a produrre utilità infrazionabili e dunque di rilevanza collettiva. Sebbene l’autore sottolinei come in Italia si sia optato, per l’acqua, a favore di una «soluzione “istituzionale” (tutta pubblica) » – quindi certamente non ascrivibile né al modello dell’appropriazione privata, pure prospettato da Garrett Hardin per scongiurare la tragedia dei commons, né a quello di autogoverno locale, che era stata invece valorizzata nelle ricerche del premio Nobel Eleonor Ostrom – è sul piano della gestione dalla risorsa, attraverso la pianificazione distrettuale, che si aprono ampi spazi per l’introduzione di logiche multi-scalari. «In tal senso, e solo con questa fondamentale precisazione, è possibile parlare delle acque come beni comuni, quale premessa a forme di partecipazione comunitaria attiva » (p. 42).
Dunque, il fil rouge che lega questa riflessione, a carattere interdisciplinare, sta nella volontà di offrire una riconsiderazione, proprio in chiave ambientale, degli istituti richiamati in un settore di disciplina del diritto amministrativo – quello idrico – nato in origine per motivi principalmente economici e dominato da logiche di appropriazione dominicale e sfruttamento a fini produttivistici delle acque, ma che ora è invece orientato, almeno in linea di principio, alla garanzia di rigorosi standard quantitativi e qualitativi, imposti dalla disciplina comunitaria. Il cambio di prospettiva – una rivoluzione copernicana per questa materia – viene evidenziato con sorprendente chiarezza e lucidità nell’analisi fornita, che rimane scevra da qualsiasi pre-condizionamento ideologico e si distanzia dalle tendenze alla semplificazione propagandistica, risultando quanto mai acuta nel evidenziare potenzialità e limiti delle soluzioni a disposizione del legislatore.
Emanuele Boscolo, Le politiche idriche nella stagione della scarsità : la risorsa comune tra demanialità custodiale, pianificazione e concessioni, Milano, Giuffrè, 212