Un'inedita frontiera per la comunicazione sociale

Quale rilevanza hanno le attività  di comunicazione nei progetti di recupero, manutenzione, cura e promozione dei beni comuni? E quale consapevolezza hanno del ruolo della comunicazione, delle opportunità  e dei rischi che i suoi processi possono innescare, gli attori e gli stakeholder coinvolti nelle azioni di sussidiarietà ?

La comunicazione in materia di beni comuni ha delle specificità  rispetto a quella di altri temi che riguardano la vita pubblica delle nostre società , in termini di configurazioni, di dinamiche, di linguaggio? Se sì, quali? Quale rilevanza hanno le attività  di comunicazione nei progetti di recupero, manutenzione, cura e promozione dei beni comuni? E quale consapevolezza hanno del ruolo della comunicazione, delle opportunità  e dei rischi che i suoi processi possono innescare, gli attori e gli stakeholder coinvolti nelle azioni di sussidiarietà ?

Questo testo nasce dal desiderio di cominciare ad affrontare tali questioni, nella consapevolezza che esse necessiteranno nel prossimo futuro di analisi e riflessioni di ben più ampio respiro.

Una comunicazione sociale…

Se la comunicazione sociale è quella comunicazione vocata a far emergere e a diffondere nell’immaginario comune nuovi diritti e nuove categorie sociali, e a promuovere una cultura e relazioni improntate alla solidarietà , alla giustizia e alla sostenibilità , la comunicazione dei beni comuni pertiene sicuramente alla sfera della comunicazione sociale.

L’accezione di comunicazione sociale cui facciamo qui riferimento (1) individua altre due peculiarità  importanti della disciplina nel protagonismo della società  civile, in tutte le sue declinazioni (organizzazioni di volontariato e non profit, dunque, ma anche movimenti e forme più informali di cittadinanza attiva) e nel carattere pre-politico di molti suoi processi (nel senso che essa favorisce l’assunzione alla sfera pubblica di temi e problemi destinati molto spesso a divenire questioni rilevanti nell’agenda politica): ebbene, entrambi questi due aspetti ci paiono corroborare la tesi appena affermata, considerando che uno dei maggiori elementi di novità  nelle attività  di promozione dei beni comuni rispetto a quelle”classiche” del non profit consiste proprio nella possibilità  di iniziativa dei singoli cittadini, e, in secondo luogo, che molti progetti sui beni comuni sono divenuti subito “casi” politici.

… sui generis

D’altra parte, esistono nella fenomenologia dei beni comuni (almeno, facendo riferimento al tipo di esperienze che più spesso presenta e discute Labsus) una serie di specificità , rispetto all’agire del volontariato e del non profit “tradizionali”, che suscitano degli interrogativi importanti non appena si accosta la parola “comunicazione” all’espressione “beni comuni”.

Si tratta di una serie di dubbi che, generandosi dall’osservazione di aspetti che potremmo definire strutturali degli interventi promossi in nome dei beni comuni, investono gli obiettivi, il significato stesso della comunicazione di queste forme di azione; domande che nascono da questioni pratiche, ma che portano alla luce nodi teorici complessi. Di seguito, cominciamo ad affrontare la materia, nella consapevolezza che i due interrogativi intorno ai quali si declina la riflessione, per quanto presentati separatamente, costituiscono altrettanti volti di una medesima questione.

Chi promuove la comunicazione dei beni comuni?

Pur nella sua estrema varietà  di occasioni e di forme, la comunicazione sociale cosìcome l’abbiamo conosciuta (e teorizzata) sino ad oggi ha visto sempre due attori giocarsi la parte di possibili promotori: le organizzazioni non profit in primo luogo; oppure, con un ruolo più marginale ma ugualmente accreditato, gli enti della pubblica amministrazione. E anche laddove un’azione di comunicazione sia realizzata con la partecipazione di entrambi i soggetti, la ripartizione di titolarità , funzioni e responsabilità  dei medesimi discende “regolarmente” dal quadro più generale degli accordi di collaborazione tra le due organizzazioni.

Ora, accade invece che nelle azioni di recupero, cura e promozione dei beni comuni la situazione possa presentarsi diversamente: infatti i primi attori sono molto spesso singoli cittadini, gruppi o associazioni informali, che negli esempi di maggior successo riescono a coinvolgere anche le pubbliche amministrazioni locali, realizzando una vera e propria “amministrazione condivisa”.

In esperienze di questo tipo – questo è il nodo della questione – le associazioni non profit possono essere un attore del progetto, ma la loro presenza non costituisce un elemento imprescindibile, perché la specificità  del modello consiste nella creazione di nuove forme di cittadinanza attiva, nell’attivazione di nuove energie, nella costruzione di processi di condivisione tra cittadini attivi e pubbliche amministrazioni aperti a nuove definizioni e regolazioni dei compiti e delle responsabilità .

Dunque, è la novità  di contesti resi più complessi dall’emergere di una pluralità  di individualità  e dall’inedita trasversalità  dei processi a imporre una serie di interrogativi sull’aspetto che qui ci interessa: in questo tipo di azioni, infatti, chi gestisce i processi di comunicazione? Chi si occupa di organizzare le attività , di coordinarle, di mediare tra tutti i soggetti partecipanti (volontari, abitanti del luogo, enti pubblici, cittadini)? E chi ha l’incarico di comunicare l’iniziativa agli altri, a quelli che non partecipano? Di spiegare all’esterno gli obiettivi, il senso, il valore dell’operazione condotta in nome dei beni comuni? Chi avverte il bisogno, la responsabilità  di queste istanze? Chi ha le risorse culturali, organizzative, economiche per farsene carico?

Queste domande ci hanno già  condotto al secondo “grappolo” di interrogativi della riflessione.

Cosa, e a chi, comunica la comunicazione dei beni comuni?

In assenza di analisi empiriche sulle dinamiche di gestione e organizzazione del progetto di cura e promozione dei beni comuni, si possono solo cominciare a immaginare e a distinguere i possibili obiettivi, e dunque i destinatari, di una comunicazione dedicata.

Su un fronte più interno, organizzativo, fare comunicazione potrebbe significare lavorare per fluidificare i processi di partecipazione tra gli attori coinvolti, per mediare eventuali conflitti, per diffondere una consapevolezza e una cultura adeguate alla rilevanza e alla novità  del progetto in tutti gli ambienti interagenti (sia all’interno degli uffici delle pubbliche amministrazioni, sia nelle associazioni più o meno informali dei cittadini attivi).

Sul fronte esterno, la comunicazione dei beni comuni si lascia leggere come promozione della cultura dei beni comuni: quindi, un’informazione corretta su cosa debba intendersi correttamente per “beni comuni”; poi, la diffusione di informazioni adeguate sulle opportunità  e sulle modalità  di azione in un contesto di amministrazione condivisa, sia per i cittadini che desiderano farsi attivi, che per le amministrazioni coinvolte nella condivisione; e infine, più ampiamente, tutte le attività  di sensibilizzazione e di educazione ispirate ai temi della sussidiarietà , del volontariato, della giustizia sociale e della solidarietà . Destinatari in questo caso sono gli altri: tutti coloro che non conoscono, non comprendono, non condividono il valore degli interventi per la difesa e la valorizzazione dei beni comuni.

(1) La definizione di comunicazione sociale cui si fa riferimento è quella proposta dall’autrice nel suo testo Fondamenti di comunicazione sociale. Diritti, media, solidarietà  (Carocci, 211).