Comunità  e pratiche di efficienza, competenza e sostenibilità 

àˆ in corso una progressiva espansione di quelle esperienze del " noi " che vanno verso la cooperazione e la condivisione

La società  occidentale contemporanea sta vivendo sostanziali mutamenti e alcuni paradigmi fondamentali di interpretazione del mondo, che essa ha progressivamente costruito, stanno perdendo aderenza. Tra questi, il paradigma dell’individualismo: l’idea che l’individuo sia autonomo e libero nella scelta, che persegua i suoi fini attraverso l’analisi di costi e benefici per ogni azione che compie, effettivamente, non ha fondamento nella realtà  sociale, almeno nella sua forma ” pura ” .

La cultura economica, politica e sociale moderna si è fondata sulla dicotomia Stato-proprietà  privata e la tendenza prevalente è stata quella alla privatizzazione, ovvero a rendere tutto quanto è pubblico e condiviso un bene di proprietà  privata, i cui ” benefici ” siano esclusivamente di coloro che ne sono proprietari. La progressiva privatizzazione di ciò che è pubblico è un processo che, nascondendo l’ideologia del mercato come unico regolatore del benessere collettivo, palesa ancora di più le falle di un’economia che dimentica la sua origine e il suo fine umani. Anche lo Stato, come fondamentale regolatore del pubblico, mostra limiti che è ormai impossibile non considerare: a fronte della crisi esplosa nel 2007-2008, il suo intervento è invocato a gran voce quando si tratta di salvare finanza e banche, ma sembra quasi dimenticato quando si tratta di rilanciare l’occupazione, sostenere i lavoratori e costruire un nuovo modello di sviluppo; mentre tagli irreversibili vengono operati in tutti i settori della spesa pubblica per pensioni, sanità , istruzione e servizi.

I beni comuni

Nell’idea che esistano beni collettivi che vanno amministrati nella consapevolezza della loro natura sui generis, da più parti si invoca la necessità  di stabilire una ” nuova ” forma di relazione con i beni, che è stata associata alla qualità  di comune. L’accento è posto su beni, naturali o artificiali, che hanno la caratteristica di essere pubblici, nel senso di essere fruibili da parte di tutti e di cui tutti possono beneficiare, ma senza che appartengano a Stato o a privati. Secondo la nota economista Elinor Ostrom, i commons sono risorse materiali o immateriali il cui uso non è esclusivo da parte di alcuni, né ” rivale ” , nel senso da non essere di impedimento per l’uso da parte di altri. Tali risorse sono prodotte e/o fruite da comunità  più o meno ampie e sono condivise. La diffusione dell’idea del comune appare cosìcome uno dei segnali sostanziali del superamento dell’individualismo quale paradigma fondamentale del rapporto soggetto-società , nel quadro di una progressiva valorizzazione di quelle esperienze del ” noi ” che vanno verso la cooperazione e la condivisione. E’ in quest’ottica che Gregorio Arena parla dei ” beni comuni ” come di ” quei beni che se arricchiti, arricchiscono tutti e se impoveriti impoveriscono tutti ” .

Agire in modo sostenibile

Parlare di beni comuni significa tirare in ballo l’idea che la libertà  individuale finisce laddove inizia la libertà  dell’altro, inteso sia come collettività  presente che come collettività  futura. Qualsiasi utilizzo, qualsiasi intervento sui beni comuni richiede attenzione e cura per garantire la stessa possibilità  di utilizzo e di intervento agli altri. Significa quindi operare in modo sostenibile, anche da un punto di vista sociale: l’accesso a tali beni infatti deve essere garantito indipendentemente dall’appartenenza di genere, dalle condizioni socio-economiche, dall’età , dall’etnia e dalla cultura, dalle opinioni personali e politiche.
Si tratta di pensare a un progetto di vita che riguardi l’intero Pianeta Terra, attraverso l’ascolto di tutte le voci istituzionali e della società  civile presenti. E questo, a partire dai contesti territoriali specifici, che possono avanzare istanze comuni solo laddove mettano in piedi un progetto di sostenibilità  per le comunità  che in tali territori abitano e vivono.

Cooperazione ed efficienza

A gestire in modo efficiente, innovativo e soprattutto sostenibile i beni comuni sono le comunità  di riferimento, piuttosto che lo Stato o i privati. All’interno di tali comunità , infatti, si costruiscono rapporti di fiducia e di autoregolazione, in virtù di interessi comuni, che producono buone pratiche di gestione endogene, senza la necessità  di interventi esogeni, dei quali la teoria economica ha sempre sostenuto l’importanza. Attraverso una costante comunicazione tra i membri della comunità , attraverso prove ed errori, essa costituisce un sapere e una competenza, tramandati di generazione in generazione, che sono altamente efficaci nella gestione di beni considerati essenziali per la sua vita.
La gestione dei beni comuni da parte delle comunità  è quindi, a fronte dell’esistenza di alcune condizioni e di alcune caratteristiche del contesto, più efficiente, competente e sostenibile.

Comunità  e cultura endogena

Come sanno bene coloro che operano nel campo della cooperazione internazionale, qualsiasi intervento volto a favorire lo sviluppo delle comunità  e dei contesti territoriali nei quali esse vivono deve tenere conto delle caratteristiche sociali e culturali endogene. Si tratta di comprendere tradizioni, usi e costumi, norme e valori, sui quali il gruppo ha fondato nel tempo la sua identità  e le sue relazioni primarie: essi si costituiscono come un patrimonio di saperi e competenze insostituibile.
Allo stesso modo, quando si tratta di prendersi cura di beni che riguardano una determinata comunità  in un determinato territorio, è alla comunità  stessa che bisogna riferirsi: essa ha accumulato nel corso della sua storia rapporti primari, di natura affettiva e fondati sulla fiducia, e una serie di pratiche informali di comportamento che diventano un bagaglio di conoscenze indispensabile nel rapporto con il contesto.
Inoltre, è la comunità  che attraverso i processi di socializzazione interni ha trasmesso la cultura del gruppo, e tale cultura è stata interiorizzata dai suoi membri nel corso del ciclo di vita, costituendosi come cultura soggettiva per ciascuno di loro: tale accumulazione e rielaborazione di conoscenze e pratiche, in quanto frutto del tempo e del legame con lo spazio, ha un valore sociale senza eguali, e deve essere valorizzato in tutte le sue forme se si vuole operare a vantaggio di tutti.

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