Enti territoriali, funzione di cura degli interessi della comunità  e legittimazione ad impugnare.

Il principio di sussidiarietà , nella duplice dimensione orizzontale e verticale, depone in senso contrario alla generalizzazione della titolarità  del potere di ricorrere a beneficio degli enti territoriali

La sentenza

Il Comune di Portici ha impugnato la delibera della Provincia di Napoli concernente la “approvazione del costo di gestione del ciclo dei rifiuti urbani di competenza provinciale ” e gli atti ad essa connessi, censurando, congiuntamente ad altri vizi, l’assenza di partecipazione del Comune.
Il Tar accogliendo l’eccezione della parte resistente, ha negato il riconoscimento della legittimazione attiva sia al Comune, nella persona del sindaco stesso, sia a quest’ultimo quale cittadino e, pertanto, ha respinto il ricorso.
Secondo la motivazione contenuta nella pronuncia, infatti, la legittimazione ad impugnare  postula due condizioni, in tale fattispecie insussistenti: la correlazione con una situazione giuridica soggettiva lesa dal provvedimento, e la presenza di un interesse diretto, concreto e attuale; si ribadisce, infatti, sia la natura di giurisdizione soggettiva propria della giustizia amministrativa, sia l’inammissibilità , nel nostro ordinamento, di un’azione popolare finalizzata al controllo oggettivo della legalità .
In definitiva, sul punto, la legittimazione spetterebbe al Comune esclusivamente nel caso in cui ” esso agisca a tutela di interessi collettivi, purché si tratti di un interesse differenziato e qualificato che ruota attorno all’incidenza sul territorio comunale dei provvedimenti impugnati ” .

Il commento

Il giudice di primo grado conferma un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato   8686 del 9.12.2010) nell’escludere la legittimazione ad impugnare del Comune: non risulta sufficiente, per tale ente, la natura di soggetto pubblico di riferimento della comunità  locale ai fini del riconoscimento di tale legittimazione, essendo invece necessario un quid pluris, forse, non compiutamente delineato nel caso di specie.
In particolare, nell’articolato iter motivazionale, risultano essere particolarmente significativi due rilievi: il principio di sussidiarietà , nella duplice dimensione orizzontale e verticale, depone in senso contrario alla generalizzazione tout court della   titolarità  del potere di ricorrere   a beneficio degli enti territoriali; l’interesse collettivo della comunità  comunale non coincide con quello dei singoli cittadini, anche se questi ultimi sono considerati quale categoria unitaria di utenti di un determinato servizio.
La decisione del Tar risulta coerente con i principi di diritto processuale e mira, altresì, ad evitare un’indebita supplenza, da parte degli enti pubblici territoriali, nei confronti di soggetti privati, singoli ed associati, legittimati all’azione: è opportuno, a riguardo, differenziare questi ultimi, a cui la giurisprudenza riconosce in modo sempre più ampio la legittimazione (sia pure con alcune oscillazioni e precisazioni), anche al di là  di singole previsioni normative, dai primi, legati alla cittadinanza da un rapporto di rappresentanza politica.
Al contrario, nella fattispecie in esame, maggiore approfondimento,   avrebbe forse meritato, da parte del Tar,   la riflessione secondo cui talune attività  di servizio pubblico (quale la gestione dei rifiuti) risultano essere di natura indivisibile, proprie non di una categoria (più o meno ampia) di utenti, a cui riconoscere il diritto di azione giurisdizionale, ma dell’intera cittadinanza: pertanto, in tale caso il Comune, quale ente esponenziale della comunità , avrebbe potuto agire a tutela degli interessi.

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