Le opinioni sono espresse dall’autore a titolo strettamente personale e non vincolano l’Ente di appartenenza.
La sentenza
I ricorrenti hanno censurato sotto diversi profili la legittimità degli atti complessivamente necessari a realizzare il ” raddoppio ” di un impianto per la produzione di acciaio tramite fusione di rottame ferroso. Il TAR adito ha definito il giudizio con la sentenza in esame, che nel respingere i ricorsi ha affrontato e risolto diverse questioni connesse alla tutela ambientale, il presente lavoro intende soffermarsi sulla prima tematica esaminata dal Collegio.
Quest’ultimo ha innanzitutto dichiarato infondata l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi per asserito difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti persone fisiche e dell’ente ” Coordinamento dei comitati ambientalisti della Lombardia ” , associazione volta a tutelare l’ambiente ed il paesaggio anche nel sito interessato dalla realizzazione dell’impianto de quo.
Sotto il primo profilo, il TAR ha riconosciuto la legittimazione ad impugnare gli atti amministrativi incidenti sull’ambiente in capo a semplici cittadini in base al criterio della ” vicinitas ” , ossia alla circostanza che i ricorrenti vivono abitualmente in prossimità del territorio negativamente inciso dall’azione della Pubblica Amministrazione. Tale requisito, come chiarito dalla sentenza, deve essere inteso in modo congruo, pertanto, ove il ricorrente asserisce di essere residente ovvero proprietario di un immobile sito nella zona interessata dai provvedimenti impugnati, per superare tale deduzione, è necessaria una contestazione ragionevolmente specifica, non essendo sufficiente rilevare la mera mancanza di una prova rigorosa dello stabile collegamento. Potrebbe, ad esempio, essere opportuno depositare in giudizio visure catastali o certificati di residenza dai quali far discendere la mancanza del requisito in esame.
La sentenza, inoltre, ha chiarito che la locuzione ” zona interessata ” va apprezzata in rapporto al carattere ed alle dimensioni dell’intervento di cui si tratta, tenuto conto dei dati di comune esperienza. Conseguentemente, la stessa ha fatto proprio l’orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui, ove si tratti di realizzare un impianto astrattamente idoneo a incidere sulla salute degli abitanti di una porzione ampia di territorio, la semplice residenza in tale zona è sufficiente a radicare la legittimazione, senza che ai ricorrenti si debba addossare ” il gravoso onere della la prova dell’effettività del danno subendo, prova che, non potendo prescindere dall’effettiva realizzazione dell’impianto, finirebbe per svuotare di significato il principio costituzionale del diritto di difesa predicato dall’articolo 24 della Costituzione, rendendolo possibile solo allorquando il diritto alla salute ovvero all’ambiente salubre fossero già definitivamente ed irrimediabilmente compromessi o esposti a pericolo ” (C.d.S. sez. V, 18 agosto 2010 n ° 5819).
Sotto il secondo profilo, la sentenza ha richiamato i principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza, secondo cui la legittimazione a ricorrere può essere riconosciuta in capo ad un ente associativo o in base al c.d. criterio legale di legittimazione, che l’attribuisce agli enti a carattere nazionale iscritti nell’apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art. 13 l. 8 luglio 1986 n. 349, o, caso per caso, alle associazioni locali che, indipendentemente dalla loro natura giuridica, perseguono statutariamente, in modo non occasionale, obiettivi di tutela ambientale ed hanno un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (Cons. St., sez.V, 17 settembre 2012, n. 4909).
Partendo da tale premessa, il Collegio ha esteso allora la legittimazione ad impugnare gli atti lesivi dell’ambiente anche all’ente ” Coordinamento dei comitati ambientalisti della Lombardia ” , considerandolo una sorta di associazione di secondo grado, in considerazione del fatto che lo stesso si propone di coordinare l’attività di associazioni già esistenti.
A sostegno dell’orientamento espresso, il Collegio ha richiamato il principio di sussidiarietà orizzontale, di cui all’art. 118 Cost., che impone ai pubblici poteri di promuovere la spontanea iniziativa dei privati e non di limitarla, ne discende che sono legittimati ad impugnare atti che compromettono in qualche modo la qualità della vita in un certo territorio anche a quegli enti a carattere associativo che, sebbene non iscritti nell’elenco ministeriale delle associazioni ambientaliste, sono, comunque, caratterizzati dalla presenza sullo specifico territorio, da attività non episodiche e perseguono come fine statutario la tutela ambientale.
Superate le eccezioni preliminari, la sentenza si è pronunciata nel merito, respingendo i ricorsi in quanto infondati in fatto ed in diritto anche alla luce del principio di precauzione.
Il commento
La sentenza in esame conferma l’orientamento giurisprudenziale in materia di legittimazione ad impugnare i provvedimenti che incidono negativamente sull’ambiente.
Com’è noto, quest’ultima è riconosciuta direttamente dal legislatore alle associazioni di dimensione nazionale ed ultraregionale iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente (cfr. artt. 13 e 18, comma 5, L. 8 luglio 1986, n.349 ss.mm.). La norma in esame, però, non contempla le associazioni rappresentative di piccole realtà locali e, conseguentemente, le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all’ambiente in cui vivono, non dovrebbero avere autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni espressamente legittimate per legge ( Cons. Stato, sez. VI 13 settembre 2010 n. 6554). Tale vuoto normativo è stato colmato in via pretoria dalla giurisprudenza amministrativa, a cui aderisce la sentenza in commento, che ha riconosciuto la legittimazione ad impugnare provvedimenti lesivi dell’ambiente anche a quelle associazioni locali, che, sebbene non siano iscritte nel predetto elenco, perseguano statutariamente, in modo non occasionale, obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità nell’area ricollegabile al luogo, in cui si trova il bene ambientale a fruizione collettiva, che si assume leso. E’ bene sottolineare che tutti i predetti criteri sono cumulativi e, quindi, debbono sussistere contemporaneamente.
Cosìstatuendo, la giurisprudenza ha elaborato un criterio di attribuzione della legittimazione a ricorrere in materia ambientale ulteriore ed aggiuntivo rispetto a quello indicato dal legislatore. Per motivare simile operazione, la stessa ha utilizzato due distinte argomentazioni: da un lato, ha sottolineato che, diversamente opinando, le località e le relative popolazioni interessate da minacce alla salute pubblica o all’ambiente in un ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni espressamente legittimate per legge; dall’altro ha richiamato il principio di sussidiarietà orizzontale, ricordando che quest’ultimo impone ai poteri pubblici di promuovere, e non di limitare, la spontanea iniziativa dei privati e, quindi, di considerare come non esclusiva la legittimazione dei soggetti inclusi nell’elenco ministeriale sopra menzionato.
La sentenza in esame condivide pienamente le argomentazioni sopra ricordate, tanto è vero che le fa proprie, per giustificare il riconoscimento della legittimazione ad impugnare atti lesivi dell’ambiente anche ad un ente di secondo grado, ossia ad un ente che rappresenta associazioni ambientaliste già costituite, che ha i requisiti sopra ricordati. Al riguardo è interessante ripercorrere l’iter logico seguito dal giudice, in quanto quest’ultimo pare riconoscere una sorta di parallelismo tra la legittimazione a partecipare al procedimento amministrativo e la legittimazione ad impugnare i provvedimenti che definiscono quello stesso procedimento (Tar Lombardia, Brescia, 23 giugno 2014, n. 668).
Più precisamente, dalla lettura dello statuto dell’ente i giudici hanno ricavato che la finalità perseguita dallo stesso è proprio la protezione dell’ambiente lombardo, gli ulteriori requisiti di legittimazione (costituzione non occasionale e adeguata rappresentatività ) sono stati ritenuti sussistenti per implicito, ma in modo non equivoco, in considerazione del fatto che la Regione Lombardia ha riconosciuto che i comitati ambientalisti sono stati sempre, a tutti i livelli di istruttoria, coinvolti nel procedimento relativo alla realizzazione dell’impianto di che trattasi. Secondo il Collegio, allora, se questi ultimi sono stati riconosciuti legittimi interlocutori in sede istruttoria, si deve dedurre che gli stessi sono enti rappresentativi nel senso richiesto dalla giurisprudenza e, conseguentemente, deve reputarsi dotato di pari rappresentatività l’ente che ha pacificamente dichiarato di costituirsi ed agire per coordinare l’operato degli stessi. In base al sillogismo sopra ricordato il Collegio ha escluso che l’ente in questione sia un semplice comitato sorto in funzione dell’impugnazione di singoli atti e provvedimenti, circostanza quest’ultima che avrebbe determinato l’esclusione della legittimazione.
Per rafforzare la conclusione a cui è giunta, la sentenza ha valorizzato il principio di sussidiarietà orizzontale, sottolineando che nel dubbio lo stesso induce ad affermare e non a negare la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo da parte di una realtà rappresentativa di cittadini associati. Al riguardo si osserva, però, che la sentenza fa riferimento al dettato nazionale, ossia l’art. 118 della Costituzione, mentre quello comunitario, art. 5 Tratto dell’Unione, appare non ancora completamente ” metabolizzato ” . Di contro, gli interventi successivi ( Tar Lombardia, Brescia, 15 luglio 2013, n. 668) si caratterizzeranno per la valorizzazione espressa di quest’ultima disposizione, mostrando in tal modo di ritenerla direttamente applicabile alle fattispecie esaminate.
LEGGI ANCHE:
- Tar Lombardia, Brescia, 23 giugno 2014, n. 668
- Tar Lombardia, Brescia, 15 luglio 2013, n. 668
- Cons. St., sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554
- Cons. St., sez.V, 17 settembre 2012, n. 4909
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