Il Rapporto sulla Protezione Internazionale esamina e analizza i flussi migratori e il sistema nazionale di accoglienza suggerendo, inoltre, le linee guida che, in un quadro di multilevel governance, siano in grado di riformare un sistema che ha mostrato segni di frammentarietà e debolezza a tutto svantaggio dei soggetti vulnerabili cui lo stesso è destinato. Il documento si compone di quattro parti, che esaminano, rispettivamente, i rapporti fra Terzo Settore e istituzioni in tema di asilo e accoglienza; il quadro nazionale riferito ai richiedenti protezione internazionale; i soggetti più vulnerabili (vittime di tratta; apolidi; minori non accompagnati) e, infine, il fenomeno delle migrazioni forzate in chiave globale ed europea.
Le dimensioni dei flussi migratori in Italia
Parlando di flussi migratori, e nello specifico di migrazioni forzate, era da venti anni che non si viveva una situazione dal carattere cosìnumericamente vasto: le stime a livello globale riferite al 2013 parlano di circa 2,5 milioni di persone costrette a migrare forzatamente in cerca di protezione in altri paesi rispetto a quello di origine. I migranti sbarcati in Italia sono, nel corso del 2014, sensibilmente aumentati: oltre 65 mila nei primi sei mesi, a fronte dei 42 mila sbarcati nel corso dell’intero 2013, e dei 13 mila del 2012. L’85.5% degli sbarchi, pari a 56 mila unità , è avvenuto in Sicilia. I migranti provengono essenzialmente da Eritrea e Siria (che da sole danno origine a circa il 50% dei flussi), quindi Mali, Gambia e Nigeria. In termini di azioni di soccorso, il rapporto sottolinea il ruolo fondamentale svolto dalla Marina Militare, dalla Guardia di Finanza e dalle Capitanerie di porto nell’operazione Mare Nostrum, grazie alla quale nel corso del primo semestre del 2014 è stato possibile prestare aiuto a circa 48 mila migranti. Nel primo semestre del 2014 sono state oltre 25 mila le domande di protezione internazionale inoltrate per la quasi totalità (93%) da uomini provenienti da Mali, Nigeria, Gambia, Pakistan, Senegal, Afghanistan e Ghana. Le strutture predisposte all’accoglienza si differenziano sia per capienza che per funzioni eseguite: la capienza teorica di Centri di Accoglienza (CDA), Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza straordinaria (CAS) sfiora le 39 mila unità .
Solidarietà e giustizia sociale
Solidarietà e giustizia sociale rappresentano i principi alla base di ogni sistema politico e sociale interessato da flussi migratori. Questo vale soprattutto nel caso di flussi non derivanti da preferenze autonome, come ad esempio quelle degli skilled migrants in cerca di opportunità professionali in linea con le competenze e i gradi di istruzione raggiunti, ma scaturite, al contrario, da scelte forzate come quelle rappresentate da guerre e persecuzioni di natura politica, etnica o religiosa.
Restituire autonomia alla persona
Autonomia. E’ il principio chiave del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Una rete capillare composta da Ong, cooperative, ed enti locali, la cui gestione è stata affidata nel 2002 all’ANCI. Il fine del sistema è di accompagnare ciascun rifugiato o richiedente asilo in un percorso di inclusione nel tessuto socio-economico locale, in modo tale da consentire loro il ritorno a una progettualità individuale fondata sul principio di autonomia. Per il triennio 2014-16, risultano finanziati 456 progetti, di cui 367 destinati all’accoglienza di beneficiari appartenenti alle categorie ordinarie, 32 destinati a beneficiari con disagio mentale o disabilità e 57 destinati a minori stranieri non accompagnati. Tali progetti hanno reso disponibili 13.020 posti di accoglienza a cui si aggiungono 6.490 posti aggiuntivi attivati. Gli enti locali titolari di progetto sono stati 415, di cui 375 comuni (compresi ambiti territoriali e sociali, consorzi intercomunali, Società della salute e comunità montane), 30 province e 10 unioni di comuni.
Una frammentazione funzionale: l’emergenza umanitaria che diventa “malaffare”
Il rapporto mette bene in evidenza come, nonostante lo sforzo congiunto di autorità governative, enti locali e realtà del terzo settore, l’intero ” sistema dell’accoglienza ” risulti appesantito, dunque rallentato, da un alto livello di frammentazione sia giuridica che relativa agli standard dei servizi erogati. I livelli dei servizi offerti, la diversificazione fra prima e seconda accoglienza, l’eterogeneità dei ” luoghi ” di accoglienza (CPSA, CDA, CARA, CAS), trasformano la gestione dei flussi migratori, e dei relativi progetti di accoglienza e inclusione, da fenomeno ordinario a evento emergenziale. Proprio questo carattere di frammentarietà ed emergenzialità diventa funzionale a un registro interpretativo completamente differente dei fenomeni migratori: non più il principio della solidarietà , l’etica del soccorso e dell’accoglienza, o la tutela sostanziale di diritti umani inviolabili eppur violati. L’altra chiave di lettura è puramente materialistica, e una vittima di tratta, un perseguitato, una vedova, un minore scampato alla crudeltà della guerra, diventano ” merce ” il cui valore è fissato: 35 euro pro-capite al giorno. E le singole storie di vita straziate da lacerazioni fin troppo evidenti e difficili da rimarginare, diventano tutte, indistintamente, dei ” 35 ” , che moltiplicati per i giorni di permanenza e il numero di unità ” ospitate ” si trasformano in milioni di euro. Così, alle parole che descrivono il Rapporto, agli intenti dei suoi estensori, dei ricercatori, delle centinaia di persone e di volontari che collaborano nelle strutture di prima e seconda accoglienza, nonché nel ramificato intreccio di uffici amministrativi locali e ministeriali impegnati attivamente e virtuosamente, si affiancano i fatti racchiusi nel ” Mondo di mezzo ” romano di faccendieri alla Buzzi, o di amministratori alla Odevaine.
Proprio per evitare questo vizioso scivolamento di un servizio nobile e dovuto, quale quello dell’accoglienza di stranieri in posizioni di vulnerabilità sociale, il sottosegretario agli interni, Domenico Manzione, riconoscendo che la radice del ” malaffare ” debba essere rinvenuta nel carattere emergenziale, sottolinea l’importanza del Piano Nazionale sull’immigrazione, il cui scopo è di restituire un carattere di ordinarietà e stabilità alla ” questione migratoria ” .
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