La tesi di laurea della Dott.ssa Pizzuti, dal titolo “Acqua e società civile”, rappresenta un’accurata e approfondita analisi del rapporto tra l’acqua intesa come bene comune e l’attività delle società civili locali a sua difesa. La tesi è divisa in cinque parti, le prime tre teoriche: nella prima parte viene analizzato Il principio di sovranità permanente dei popoli sulle risorse naturali, nella seconda parte si introduce il tema dei beni comuni, approfondendo anche l’approccio teorico di Garrett Hardin, Elinor Ostrom e Charlotte Hesse. La terza parte è dedicata all’analisi e approfondimento del concetto di società civile, a partire dalle diverse concettualizzazioni della democrazia e della cooperazione partecipativa, con un focus sulla società civile dell’Africa contemporanea. L’ultima parte teorica è infine dedicata all’analisi dell’acqua come risorsa, e quindi del diritto all’acqua. Infine, nella parte dedicata all’analisi dei casi studio, l’autrice approfondisce i due casi scelti, il caso Tanzania contro Biwater e il caso Gruppo Tampieri Vs Senegal.
Il diritto (negato) all’acqua
Il lavoro di tesi della Dott.ssa Pizzuti affronta un tema di grande interesse e attualità , nel campo di studi della teoria dei beni comuni ma non solo, quello dell’acqua, da una prospettiva originale. Il lavoro intende, infatti, “dar luce ad una parte della società civile, quella africana, troppo poco considerata e conosciuta”, come afferma l’autrice stessa; “Il peso dei singoli e delle collettività nella gestione della cosa pubblica in Africa sta sicuramente crescendo e, nonostante debba fare ancora molti passi in avanti, sta spingendo sempre più sulle politiche governative e quelle di cooperazione internazionale allo sviluppo per ritagliarsi un posto a sedere al tavolo decisionale”. La lotta per la difesa e la tutela dei beni comuni, primo fra tutti l’acqua, diventa ogni giorno più complessa e stratificata, tuttavia si possono già riscontrare diversi successi a favore della società civile e a discapito di quei soggetti che avanzano nei confronti delle risorse comuni, a volte necessarie alla sopravvivenza della comunità di riferimento, delle velleità proprietarie.
Come sottolineato dalla stessa autrice, “anche la società civile africana, nello specifico, si sta muovendo in questa direzione. Contro ogni previsione di quanti in essa vedono una vittima muta e passiva degli eventi e di tutti quei giochi di forza che fanno leva sulle sue debolezze di contesto, essa si dimostra presente, consapevole e preparata. Reagire è sempre meglio che non farlo, e sempre più informato sui diritti che gli spettano il popolo africano si organizza e fa rete. Ciò rappresenta l’aspetto più positivo e fruttuoso del processo di globalizzazione che investe ogni parte del nostro vivere: la circolazione delle idee favorisce la nascita di battaglie condivise e condivisibili a livello mondiale. Le esperienze della Tanzania e del Senegal raccontano piccole vittorie africane su temi e protagonisti attivi che vanno molto al di là di quei piccoli villaggi. Davanti al rischio di perdere accessibilità e inclusione ad un bene essenziale come l’acqua, la mobilitazione è spontanea”.
Come dimostrano anche i due casi studio presentati dall’autrice come cuore del lavoro di tesi, l’acqua non può essere considerata alla stregua di una merce soprattutto se il suo essere bene economico comporta che una gran parte della popolazione mondiale non può avervi accesso per mancanza delle risorse economiche necessarie. L’accesso all’acqua, inoltre, non può essere negato in seguito ad appropriazioni di territori scelti per grandi investimenti, come è emerso dallo studio del caso Senegalese, dove il gruppo Tampieri è stato accusato di land grabbing. Il diritto all’accesso all’acqua resta dunque un diritto fondamentale e l’azione della società civile a sua difesa ne riesce a garantire molte volte l’integrità .
In allegato la tesi di laurea della Dott.ssa Pizzuti.
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