La sentenza
Il TAR Lazio ha rigettato il ricorso proposto dal Comune di Orta di Atella avverso la deliberazione della giunta provinciale di Casera n. 59 del 29.4.2011 di definizione dei costi della TARSU relativi alla quota di competenza provinciale, lamentando la mancata concertazione della stessa ed il suo ammontare.
La Provincia si è costituita in giudizio eccependo: il difetto di competenza territoriale funzionale del Tar Lazio, il difetto di legittimazione a ricorrere dell’amministrazione comunale e l’infondatezza delle censure nel merito.
Il giudice adito ha preliminarmente affermato la propria competenza in considerazione sia della normativa ratione temporis vigente (art.135 c.p.a. nella versione originaria), sia della materia trattata, caratterizzata da un rilievo che travalica l’ambito di incidenza diretta del provvedimento, per riflettersi su interessi generali, aventi, rilievo nazionale, data la sussistenza di esigenze di unitarietà , coordinamento e direzione, che giustificano la competenza funzionale del TAR Lazio.
Il Tar ha poi osservato che la partecipazione dei Comuni alla formazione complessiva della tariffa non vale di per sé a fondare la legittimazione a contestare l’esercizio da parte della Provincia di competenze sostanziali proprie ed autonome non incise dal modello di tariffazione congiunta. Difatti la legittimazione a ricorrere di un Comune, quale ente esponenziale della comunità municipale, è configurabile solo nei casi in cui quest’ultimo agisca a tutela di interessi collettivi, differenziati e qualificati, incisi sul territorio comunale dai provvedimenti impugnati. Tale circostanza non si riscontra nel caso di specie, dove la determinazione tariffaria grava in realtà sui singoli cittadini, quali utenti e beneficiari del servizio di gestione dei rifiuti indifferenziati.
Il commento
La sentenza in commento si segnala per le argomentazioni che utilizza per escludere la legittimazione a ricorrere di un ente territoriale per la tutela di interessi collettivi.
Al fine di meglio comprendere le questioni di diritto affrontate dalla decisione in esame occorre preliminarmente ricordare che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti urbani, pur formalmente unitaria, viene a comporsi di due voci distinte e separate: la prima di competenza provinciale (volta coprire gli oneri derivanti dall’attività di trattamento, smaltimento e recupero di rifiuti), la seconda di spettanza comunale (per le residue voci di costo di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata (in virtù di quanto disposto dal d.l. n.195/09,art.11, nella versione ratione temporis vigente).
Chiarito l’ambito in cui si inserisce la sentenza de qua, si osserva che quest’ultima, pur riconoscendo che spetta all’ente territoriale la difesa degli interessi della collettività di riferimento, chiarisce che qualora si tratti di materie non riservate direttamente dalla legge alla sua competenza, la legittimazione in questione non può essere ancorata alla mera rappresentatività dell’ente, ma debbono sussistere ulteriori elementi. E’ necessario, infatti, che l’ente intenda tutelare attraverso l’azione giudiziaria un interesse collettivo, differenziato e qualificato, che attiene all’incidenza del provvedimento impugnato sul territorio comunale, connesso alla lesione in sé considerata della comunità territorialmente localizzata, non potendo, invece, agire per la tutela di un interesse proprio del singolo avverso un atto che lede la sfera giuridica di quest’ultimo (come è accaduto nel caso esaminato dalla sentenza). Diversamente opinando, si dovrebbe ammettere una sorta di azione surrogatoria dell’ente per la tutela di interessi che in realtà sono individuali, tale azione tuttavia non è consentita in quanto ciascuno, in virtù del principio di auto responsabilità delle proprie azioni, ha la facoltà e l’onere di tutelare i propri diritti ed interessi. Va, inoltre, tenuto presente che, come sottolineato chiaramente dalla sentenza, l’interesse collettivo della comunità comunale non può coincidere con l’interesse individuale dei soggetti di cui la stessa è composta, perché mentre quest’ultimo è perseguibile direttamente dal singolo, che ne è titolare esclusivo; il primo trascende il singolo cittadino per riferirsi alla comunità nel suo complesso. E’, infatti, di tutti e di nessuno singolarmente considerato, si pensi ad esempio all’interesse alla tutela dell’ambiente o dei beni archeologici, al governo del territorio, al diritto alla salute e simili; esso, sebbene sia riferibile ad una categoria di soggetti (i componenti la comunità locale) non può, certo, essere ridotto alla mera la sommatoria di interessi dei singoli, che sono individualmente tutelabili.
A sostegno del proprio orientamento il Tar capitolino richiama sia il principio di sussidiarietà verticale che quello di sussidiarietà orizzontale. Al riguardo sottolinea che il primo attiene al riparto delle competenze e delle funzioni pubbliche secondo un criterio di prossimità al cittadino e, quindi, non consente ad un ente territoriale di impugnare un atto lesivo degli interessi del singolo soggetto; il secondo attiene alla promozione dei c.d. corpi intermedi, ossia quelle associazioni spontanee di cittadini che hanno come scopo la realizzazione e la tutela degli interessi di questi ultimi e non la sostituzione degli stessi nell’attività di tutela dei propri interessi.
Va, infine, osservato che il Tar Lazio, nel chiarire quali sono gli elementi che fondano la legittimazione a ricorrere di un ente territoriale per la tutela di interessi collettivi, segue, mutandis mutandibus, un ragionamento analogo a quello elaborato dalla giurisprudenza amministrativa in riferimento alla legittimazione ad agire delle associazioni private, secondo la quale affinché possa dirsi trasformato l’interesse diffuso in interesse collettivo, cosìdivenendo interesse legittimo tutelabile in giudizio – è necessario che sussista un collegamento tra la lesione censurata e l’interesse diffuso rappresentato dall’associazione, da operarsi alla stregua di elementi ben precisi quali: la rappresentatività , gli scopi statutari, l’attività pregressa, la notorietà e la presenza sul territorio (cfr. Cons. Stato sez. III, 26 ottobre 2009, n. 2549).
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