Tornato dalle Americhe dopo dieci anni di esilio forzato, Jimmy Gralton trova un’Irlanda completamente mutata: le lotte per l’indipendenza e la conseguente guerra civile che ne era nata avevano lasciato il segno negli animi dei compaesani di Jimmy e nell’aria che si respirava attorno alle verdi colline che circondano la vecchia fattoria di famiglia. La pace, lentamente, sembrava consolidarsi. Ma di certo, il neonato e debole governo non poteva pretendere di rivoluzionare le coscienze dei vecchi bigotti e teocratici irlandesi che continuavano nella loro opera persuasiva, osteggiando ogni forma di progresso sociale e culturale.
Ma Jimmy decide di sfidarli e, dopo insistenti richieste, riaprire la sala, la hall appunto, in cui prima del suo esilio, in un’Irlanda ben più reazionaria, lui, giovane comunista, concedeva a chiunque la possibilità di liberare la propria arte e la propria cultura ed offrirla all’interesse pubblico.
Tacciati di blasfemia, impudicizia e, appunto, comunismo, Jimmy e i suoi dovranno sfidare continuamente gli ostacoli che vengono frapposti dal vecchio parroco del paese e dall’ala più conservatrice degli abitanti della zona e delle contee vicine.
Ken Loach non abbandona il suo già noto spirito critico e riesce con maestria invidiabile ad offrire al grande pubblico l’attualità evidente di una vicenda appartenuta al passato ed abbandonata troppo presto nel cassetto del dimenticatoio. La vera storia di Jimmy Gralton e del suo salone viene infatti interpretata come una dimostrazione di continuità delle battaglie sociali di passato e presente, e di come condivisione, solidarietà e cultura siano valori senza tempo che, però, non smettono di trovare rallentamenti, ostacoli e strapiombi nel loro percorso verso la piena e profonda realizzazione. Il cineasta britannico ottiene il difficile risultato di trasmettere allo spettatore il messaggio che il protagonista del suo lungometraggio non smette mai di ripetere: dal balletto delle giovani donne di paese e dalla condivisione di uno spazio comune la strada verso la cultura e, quindi, verso la piena realizzazione della persona umana è breve e già segnata.
Sono di autenticità magistrale le scene con cui l’autore esprime il desiderio di comunità , di riappropriazione di uno spazio in cui condividere, creare cultura e, quindi, sapere critico, conoscenza e libero divertimento che accompagnano le storie degli amici di Jimmy.
I protagonisti della pellicola chiedono a gran voce di condividere le loro vite e di poter finalmente liberare le proprie energie, al fine di creare gli strumenti necessari a costruire una cultura di comunità . Una cultura che, in fin dei conti, assicura l’abbandono di un’esistenza stantìa e oppressa, alla ricerca di una condivisione di felicità che, mai come in questo caso, fa rima con libertà .
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