Il 22 settembre è stato presentato a Roma il Rapporto sulla protezione internazionale 2015.
Sono intervenuti Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato immigrazione ANCI, Mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, Don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana e Carlotta Sami, portavoce di UNHCR.
Tutti gli intervenuti hanno sottolineato che non si tratta di una semplice raccolta di dati, ma di una ricerca approfondita che, per la sua completezza di visione e per la mole di dati certi e comparati, sgombra il campo da approssimazioni e luoghi comuni sul fenomeno dei migranti forzati e rifugiati, e permette una più completa e reale lettura dello scenario internazionale, europeo ed italiano.
Alcuni numeri
Sono circa 59.500.000 i migranti forzati nel mondo, di questi 8.000.000 nel solo 2014. 19.500.000 i rifugiati fuori dal loro paese di origine, di cui l’86% (12.400.000) sono accolti dai paesi in via di sviluppo: Turchia, Pakistan, Libano e Iran ospitano il 36% del totale dei rifugiati, ovvero 5.200.000 persone. Meno del 10% dei rifugiati arriva in Europa, e di questi meno del 3% arriva in Italia, ovvero meno del 3 per mille del totale. Fino al 31 agosto 2015, sono giunti in Italia circa 115.500 migranti, perlopiù eritrei, nigeriani, somali, sudanesi, siriani.
Il Rapporto – afferma Mons. Perego – costituisce uno strumento prezioso per accompagnare le numerose esperienze di accoglienza in atto già in molte parrocchie. Tra i volti di chi chiede protezione internazionale, il Rapporto ci invita a guardare a chi è costretto a lasciare la propria terra a causa di disastri ambientali, i cosiddetti profughi climatici o rifugiati ambientali, sempre più numerosi (oltre 22 milioni nel 2014). Anche a loro Papa Francesco ha guardato scrivendo l’enciclica ‘Laudato sì”.
I Minori non accompagnati
Accanto al tema dei profughi ambientali un impegno particolare a cui spinge il Rapporto 2015 riguarda i minori non accompagnati: non siamo ancora riusciti a dare a tutti ugualmente una tutela e un accompagnamento personale. Soltanto un minore non accompagnato su cinque è in una struttura dello SPRAR, mentre la maggioranza è accolta in strutture di prima accoglienza inadeguate”.
Anche Biffoni si concentra sulla questione dei minori non accompagnati: “Dobbiamo riconoscere il lavoro svolto sinora dall’Italia. Con il piano nazionale di accoglienza e la decisione dell’allargamento dello Sprar a tutti i minori stranieri non accompagnati si riconosce lo Sprar come modello unico di accoglienza. L’emanazione del prossimo bando dello Sprar prevede la disponibilità di ulteriori 10 mila posti che si aggiungono agli attuali 20 mila, con l’obiettivo di allargare la rete dei Comuni che ne fanno parte. Non possiamo che lavorare per una prospettiva che veda un progetto Sprar sul territorio di ciascuno degli 8 mila Comuni italiani. Solo cosìsi potrà davvero superare la gestione emergenziale del fenomeno.
Allo stesso tempo è importante incidere sulla riduzione dei tempi di attesa per la presentazione della domanda di protezione internazionale e sulle relative decisioni. Inoltre è necessario affiancare strategie e programmi comuni per evitare le conflittualità sui territori e per accompagnare e favorire l’inserimento sociale ed economico per coloro che hanno avuto il riconoscimento dello status di richiedenti asilo e rifugiati”.
Il progetto Europeo
“Non ci sono soltanto mari – afferma don Soddu – ma muri sempre più alti contro cui, insieme alle vite dei profughi, sembra infrangersi il principio di solidarietà , base del progetto europeo, schiacciato da spinte nazionaliste e identitarie. Nella vana convinzione che questo possa arrestare l’esodo di milioni di persone in fuga da carestie, guerre e disperazione. Società civile, comunità locali, istituzioni e l’intera comunità internazionale devono allora ‘fare sistema’, non solo nell’accoglienza, ma per rimettere in cima alle priorità la difesa e la protezione dei diritti e della vita, in ogni dove. Alziamo la voce anche per chi soffre nel silenzio, in luoghi lontani, e non ha megafoni mediatici per gridare il suo dolore”.
Quella europea – afferma Sami – è soprattutto una crisi di rifugiati. La grande maggioranza di coloro che arrivano in Europa provengono da zone di conflitto come la Siria, l’Iraq o l’Afghanistan e sono in fuga per salvarsi la vita. Solo attraverso una risposta unitaria e comune di tutta l’Europa si può affrontare questa situazione. l’UNHCR insiste sul bisogno di aumentare le opportunità per i rifugiati di poter accedere a vie legali verso l’Europa, che includono il reinsediamento, le ammissioni per motivi umanitari, il ricongiungimento familiare e il rilascio di visti per motivi di studio”.
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