Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani

Il Regolamento richiama alla mente un modello di amministrazione condivisa, che si presenta, allo stesso tempo, solido nei suoi elementi essenziali e flessibile nel contenuto

I principi, l’organizzazione e l’azione amministrativa

Risulta confermato il modello bolognese, quantomeno nei suoi capisaldi: il principio di sussidiarietà  orizzontale, sancito nel testo regolamentare, sin dall’art. 1, assume una valenza immediatamente precettiva, per il tramite di alcune espresse disposizioni. Esso, infatti, oltre ad essere rinforzato, per cosìdire, da altri valori e principi generali, quali, a solo titolo esemplificativo, la fiducia reciproca, responsabilità , inclusività  ed autonomia civica (non vengono richiamati, tuttavia, contrariamente a quanto accade in altri testi gemelli, la proporzionalità , adeguatezza e differenziazione) si concretizza in alcune norme dal carattere eminentemente procedurale, che impongono al comune un assetto organizzativo e azioni concrete, di supporto e valorizzazione alle iniziative dei cittadini attivi (si veda, in particolare, quanto disposto negli artt. 9 e 10 del Regolamento).

I soggetti

In relazione alla qualificazione dei ” cittadini attivi ” , nel Regolamento si fa espresso richiamo a ” tutti i soggetti, singoli, associati o comunque riuniti in formazioni sociali, anche di natura imprenditoriale o a vocazione sociale ” , confermandosi, dunque, quanto previsto di consueto in altri regolamenti. Qui, tuttavia, è anche presente un’interessante novità : è, infatti, disposto, al secondo periodo dell’art. 4, che i soggetti non in possesso dei requisiti di onorabilità  e idoneità  morale di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 (il c.d. ” Codice dei contratti pubblici ” ), non possano sottoscrivere i patti di collaborazione. In sostanza, la norma preclude a taluni operatori economici (imprenditori individuali, società  commerciali, società  cooperative, consorzi stabili, raggruppamenti temporanei di impresa, ecc.) la possibilità  di stipulare accordi con la pubblica amministrazione. La finalità  della norma pare, dunque, quella di evitare un uso distorto di meccanismi di sostegno da parte del comune nei confronti di privati.

Il modello di amministrazione

Nel Regolamento emerge un modello di amministrazione che, sulla scorta di altri esempi (tipo quello bolognese e senese), individua nel patto di collaborazione lo strumento giuridico ordinario della regolazione dei rapporti di collaborazione, idoneo ad equiparare la posizione dei cittadini (attivi) a quella del comune. In coerenza con questo modello, viene previsto, peraltro, che la collaborazione tra comune e cittadini debba avvenire, salvo eccezioni, mediante l’adozione di atti di natura non autoritativa.

La disciplina dei beni

Per quanto attiene la disciplina dei beni, il testo, sulla scorta di quanto già  delineato nel Regolamento di Bologna (e in altri regolamenti), si presenta innovativo, riguardando tanto i beni materiali quanto quelli immateriali e digitali. Con particolare riferimento ai primi, la disciplina dettata dal Regolamento di Civitavecchia prevede che sia i beni pubblici sia i beni privati ad uso pubblico possano essere oggetto di interventi di cura e rigenerazione da realizzarsi mediante patti di collaborazione. Similmente, su proposta del comune, possono essere stipulati accordi di collaborazione, aventi ad oggetto interventi di cura e rigenerazione di edifici in stato di totale o parziale disuso di proprietà  di terzi, previo consenso di questi ultimi ovvero ai sensi dell’art. 838 c.c. Il Regolamento di Civitavecchia, tuttavia, in discordanza con quanto previsto in altri testi sull’amministrazione condivisa, non prevede che gli edifici confiscati alla criminalità  organizzata, assegnati al comune, possano essere destinati ad interventi di cura e rigenerazione.

Le misure di sostegno

Per quanto concerne le misure di sostegno aventi natura e/o un impatto economico, la disciplina del Regolamento delinea un ricorso più limitato alle agevolazioni fiscali di quanto non avvenga in altri casi. Viene meno, ad esempio, quella disposizione volta a parificare, sotto il profilo fiscale, le formazioni sociali che operano nell’ambito dei patti alle organizzazioni che non perseguono scopo di lucro. Viene, tuttavia, garantito alle attività  che si svolgono nell’ambito dei patti di collaborazione, comprese le raccolte pubbliche di fondi, il regime di agevolazione previsto dal regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico e per l’applicazione del relativo canone.

Occorre notare, inoltre, che nel Regolamento è presente una disciplina digitale abbastanza lacunosa, rispetto a quella prevista in altri regolamenti: manca, infatti, la figura del ” medium civico ” ; la ” rete civica ” non è considerata il ” luogo naturale ” nel quale debbono svilupparsi i rapporti di collaborazione; non si garantisce, in generale, ai cittadini, singoli e associati, tutto un insieme di strumenti (canali per comunicare e fare proposte, dati, infrastrutture/piattaforme digitali in formato aperto e il tutoraggio nell’uso di strumenti di comunicazione collaborativa) utili ad una più consapevole partecipazione alla realizzazione degli interventi di cura e rigenerazione dei beni comuni urbani.

Una disciplina di questo tipo, sebbene comprima idealmente i diritti ( ” digitali ” ) dei cittadini attivi, può essere dettata da preminenti esigenze e/o problemi di natura organizzativa e/o economico-finanziaria.

Le garanzie

Per quanto riguarda, infine, gli strumenti di garanzia, si opta, anche qui, per una tutela particolarmente ampia che, oltre a contemplare gli ordinari rimedi giurisdizionali, tiene conto di un Comitato di conciliazione, organo stragiudiziale, chiamato a dirimere eventuali controversie in merito all’applicazione dei patti di collaborazione.

Nel complesso, dunque, l’analisi del testo regolamentare richiama alla mente un modello – quello dell’amministrazione condivisa – dotato di basi giuridiche solide, che consente, nondimeno, di essere configurato in relazione alle specificità  (politiche, sociali, economiche, organizzative e di altro tipo) della comunità  locale.