Erogazione di contributi statali e sussidiarietà 

L ' interesse generale è il fine dell ' attività  amministrativa, anche quando è esercitata in forme inedite

La sentenza
Ricorrendo in via principale, la Regione Veneto promuove questione di legittimità  costituzionale dell’art. 18, co. 9, del d.l. 69/2013 (cd. Decreto del Fare, conv. l. 98/2013).
La disposizione impugnata disciplina il programma “6000 Campanili”, destinato al finanziamento di una serie di interventi infrastrutturali realizzati dai comuni di piccole dimensioni.
La ricorrente ravvisa gli estremi della violazione degli artt. 5, 117, 118, 119 e 120 Cost. nella parte in cui la norma, estromettendo la Regione dalla procedura di erogazione delle risorse stanziate, attribuisce all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) sia compiti istruttori, in posizione paritetica con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in ordine alla determinazione dei criteri di assegnazione dei contributi, sia funzioni di supporto, in favore dei piccoli comuni, in ordine alla presentazione delle domande.
In particolare, il contrasto con i principi di sussidiarietà  verticale e orizzontale ricavabili dagli artt. 5 e 118 Cost. e con il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost. risiederebbe, secondo la ricorrente, nel mancato coinvolgimento della Regione da parte di una norma riconducibile alla materia «governo del territorio », assegnata alla competenza concorrente di Stato e Regioni dall’art. 117, terzo comma, Cost.
La classificazione proposta dalla Regione non è tuttavia accolta dalla Corte Costituzionale, propensa invece ad ascrivere il programma introdotto dalla disposizione censurata nell’ambito degli interventi speciali previsti dall’art. 119, quinto comma, Cost.
La questione sollevata è dunque dichiarata non fondata, dal momento che il legislatore statale ha piena facoltà  di scelta in merito allo schema procedimentale e ai soggetti da coinvolgere nell’ambito di un’iniziativa, non incidente su una materia di competenza concorrente, volta al conseguimento delle finalità  perequative previste dall’art. 119 Cost.

Il commento
Il giudizio espresso della Consulta è incentrato sulla qualificazione del programma oggetto di disciplina in termini di intervento speciale perequativo e sulla conseguente facoltà  di scelta accordata al legislatore al fine di assicurare l’ottimale realizzazione degli obiettivi perseguiti attraverso l’erogazione dei contributi statali.
La Corte non entra pertanto nel merito della questione di costituzionalità  promossa in riferimento al principio di sussidiarietà  e fondata, essenzialmente, sulla dimensione privatistica della Associazione coinvolta nel procedimento di assegnazione delle risorse.
Le motivazioni della sentenza non sciolgono infatti in modo esplicito i dubbi espressamente posti dalla ricorrente rispetto all’assegnazione di funzioni amministrative ad un soggetto né annoverato tra gli enti costitutivi della Repubblica dall’art. 114 Cost., né, quantomeno, incluso nella categoria degli enti pubblici.
Tuttavia, approvando la scelta legislativa ricaduta sull’ANCI, la Corte Costituzionale inverte chiaramente i termini della questione principale posta nel ricorso.
Nella prospettiva della ricorrente, difatti, la titolarità  della cura dell’interesse generale è considerata alla stregua di una prerogativa degli apparati pubblici abilitante all’esercizio di una funzione amministrativa (stando al ricorso: «l’ANCI (…) non sarebbe portatrice di quell’interesse generale indispensabile ai fini dell’attribuzione delle richiamate funzioni amministrative nei procedimenti di accesso degli enti locali ai fondi pubblici, in quanto conserverebbe una dimensione privatistica che non consentirebbe di identificarla con un ente pubblico »).
Nell’ottica della pronuncia considerata, invece, l’interesse generale, lontano dell’essere considerato un prerequisito vantato in via esclusiva dalle pubbliche istituzioni, appare piuttosto il fine cui costantemente tende l’attività  amministrativa, anche laddove sia esercitata in forme inedite e implicanti il coinvolgimento di soggetti non tradizionali.
L’approvazione da parte della Consulta del coinvolgimento dell’ANCI, in posizione paritetica con il competente Ministero, nell’ambito di un procedimento amministrativo teso alla realizzazione di scopi costituzionalmente previsti, torna a dimostrare come la soddisfazione dell’interesse generale non sia soltanto il frutto dell’operato solitario dei pubblici apparati ma possa, sempre più frequentemente, anche essere il prodotto dell’esercizio condiviso, pubblico-privato, della funzione amministrativa.
Ma soprattutto, il fatto che la scelta dell’associazione rappresentativa dei comuni sia riconosciuta apertis verbis quale soluzione ottimale in vista della realizzazione degli obiettivi perseguiti nel caso di specie dal legislatore, dimostra come l’esercizio condiviso della funzione amministrativa ben si presti anche ad assecondare il principio di buon andamento sancito dall’art. 97 della Costituzione.

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