La sentenza
Il Consorzio imballaggi Alluminio (CiAL) interpone appello avverso la sentenza con cui il Tar Lazio convalida il decreto, pubblicato in G.U. n. 176/2013, adottato dal Ministero dell’ambiente di concerto con il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’art. 223, co. 2, del d.lsg. n. 152/2006 (cd. Testo Unico Ambientale).
L’atto ministeriale oggetto di impugnativa definisce lo schema-tipo di statuto adottabile in concreto dai consorzi unici di filiera costituiti su scala nazionale per la gestione di ciascun materiale di imballaggio e dei relativi rifiuti.
In grado d’appello il Consorzio torna a contestare la pervasività delle previsioni statutarie introdotte nel corpo del modello ministeriale, ritenute ingiustificatamente limitative dell’autonomia consortile nonché lesive del principio di sussidiarietà orizzontale.
Facendo leva sulla natura privatistica dei consorzi in questione, espressamente sancita dal legislatore ambientale, il Consiglio di Stato riscontra un’illegittima ingerenza ministeriale e ne ridimensiona la portata a quanto strettamente necessario al perseguimento degli interessi generali relativi al settore della gestione dei rifiuti «in un rapporto di reciproca autonomia e nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118, comma 4, Cost. ».
Dall’accoglimento dell’appello discende, pertanto, l’annullamento dello schema-tipo contestato e la necessaria predisposizione di un nuovo modello statutario maggiormente rispettoso dell’autonomia propria dei soggetti privati.
Il commento
E’ interessante notare come, nel caso in esame, il rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale sia invocato in relazione ad un sistema che riproduce plasticamente gli scopi e i meccanismi di funzionamento del principio medesimo.
Nell’ambito della gestione dei rifiuti, infatti, trova estrinsecazione, meglio che in qualunque altro settore, il senso più compiuto della sussidiarietà , considerata l’inevitabilità della cooperazione di soggetti pubblici e privati ai fini della buona riuscita della attività stessa.
In particolare, il meccanismo di gestione dei rifiuti di imballaggio previsto dal T.U.A. delinea un sistema tipicamente policentrico e multilivello che coinvolge operatori economici, singoli cittadini e amministrazione pubblica nelle differenti attività – che si snodano dalla produzione del bene al cd. post-consumo – relative all’intero ciclo di vita del prodotto.
Non soltanto, però, il legislatore ambientale non esonera nessuno dallo svolgimento di attività tese a ridurre l’impatto dei rifiuti di imballaggio sull’ambiente, ma prevede altresì, in ossequio ai principi informatori della materia, un particolare riparto degli obblighi incombenti sui vari soggetti coinvolti.
Alla stregua dell’art. 219, co. 2, T.U.A, in cui trovano espressa enunciazione il principio del «chi inquina paga » e quello della «responsabilità condivisa », gli obblighi degli operatori economici sono ripartiti in proporzione alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale.
Gli oneri gravanti sulle imprese (siano esse aderenti o meno, ex art. 221, co. 3, T.U.A., ad uno dei consorzi oggetto della pronuncia in commento) variano, dunque, in ragione del concreto impatto della loro attività economica sull’ambiente.
In altri termini, si profila un meccanismo di responsabilizzazione ” ponderato ” , ossia ragionevolmente commisurato alla reale incidenza di una data attività sull’ambiente.
Confermando il ruolo trainante del diritto dell’ambiente rispetto all’evoluzione del diritto amministrativo tutto, la materia in questione arricchisce quindi la stessa sussidiarietà di una sfumatura ulteriore, dimostrando la possibile gradazione del coinvolgimento dei diversi soggetti in relazione alle concrete responsabilità di ognuno.
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