Il referendum sulle trivelle parte da lontano, quando nel 2015 ” Possibile ” il movimento fondato da Pippo Civati, si fece promotore di otto referendum fra cui quello sulle trivellazioni. Non essendo riuscito a raccogliere le 500mila firme necessarie, scesero in campo i Consigli regionali di Abruzzo (poi ritiratosi), Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise per promuovere sei quesiti referendari relativi all’estrazione del petrolio. Le proposte avanzate da cinque dei quesiti proposti sono state accolte nella legge di stabilità 2015, lasciando in piedi solo il quesito attuale.
Il ruolo delle regioni nella promozione di questo referendum è significativo: ha permesso loro di recuperare un ruolo nei processi decisionali in materia di estrazione di gas e petrolio, a fronte della centralizzazione voluta dal governo, ma ha anche finito per attribuire al referendum un significato politico, visto che il fronte del Sìabbraccia regioni di diverso colore politico, sette delle quali a guida di centro sinistra.
Il quesito referendario
Gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi sul seguente quesito: ” Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”? ” .
In pratica, si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di continuare le loro attività entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti temporali certi (fino alla durata di vita utile del giacimento).
Al momento infatti, le società petrolifere non possono più ottenere nuove concessioni per estrarre petrolio dal mare entro le 12 miglia marine; con questo articolo le attività petrolifere in corso non avrebbero più una scadenza da rispettare, vale a dire quella stabilita dalle singole concessioni.
Votando Sìal referendum, le attività petrolifere di trivellazione ed estrazione, cesseranno alla scadenza delle concessioni.
I sostenitori del No, fanno appello alla dipendenza energetica del paese dai paesi produttori di gas e petrolio e alla eventuale perdita di posti di lavoro, argomento tristemente sbandierato ogni volta che sono in gioco questioni ambientali, secondo un copione già sperimentato in altre occasioni, non ultima l’Ilva di Taranto.
Assente dal dibattito il riferimento agli investimenti in energie alternative che l’Italia, come gli altri paesi firmatari degli accordi di Parigi, si è impegnata a promuovere.
La mobilitazione della società civile
Le regioni promotrici hanno realizzato una piattaforma sulla quale è possibile trovare le ragioni del Sì: www.referendum17aprile.com. Non manca l’impegno della società civile – da Greenpeace con la campagna ” L’Italia non si trivella ” a Legambiente con tutte le sue sedi territoriali.
Forte la presenza sui social media, attraverso i quali i promotori del referendum lanciano appelli all’opinione pubblica sia attraverso la pagina Facebook ” Referendum 2016 Trivelle in Mare ” che l’account Twitter @stoptrivelle, utilizzando l’hashtag #iovotosi, #stoptrivelle, #referendum17aprile.
Referendum e partecipazione dei cittadini
Come per ogni referendum, la partecipazione al voto è importante, a prescindere dall’esito finale, perché il referendum non sarà valido se non sarà raggiunto il quorum del 50% + 1 dei votanti.
Ogni volta che si dà la parola ai cittadini, attraverso uno strumento di democrazia diretta quale il referendum, si celebra un passaggio importante per la democrazia che non vale la pena perdere né sottovalutare.
L’appello ai cittadini su temi cosìspecifici può sembrare infatti inadeguato, ma al tempo stesso diviene lo strumento per sollecitare la loro risposta su interrogativi di più ampia portata, primo fra tutti il modello di sviluppo al quale si orienta oggi il paese. Se nel 1987 gli italiani dissero No al nucleare, oggi a distanza di quasi trent’anni da quello storico referendum, sono chiamati ad esprimersi un’altra volta, anche se in maniera meno esplicita, sul programma energetico di un paese che in altre sedi dichiara di voler costruire il suo futuro sul turismo, la cultura e l’ambiente.
I cittadini il 17 aprile avranno modo di esprimersi, consapevoli del fatto che è in gioco molto di più del prolungamento di alcune licenze alle compagnie petrolifere.