Migranti: la Corte Ue stabilisce no alla detenzione per ingressi irregolari

E’ sul caso di una migrante di origini ghanesi che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata stabilendo che un migrante irregolare non può essere arrestato da uno Stato membro in cui vi abbia avuto accesso tramite i confini dell’area Schengen.

La sentenza, emessa il 7 giugno scorso, è il risultato della vicenda della donna, Selina Affum, sottoposta a custodia cautelare dalle autorità  di polizia francesi, dopo essere stata fermata all’entrata del Canale della Manica in possesso di documenti belgi falsificati.

La Corte UE si è pertanto espressa sul parere richiesto dalla Corte Francese, presso cui la Affum aveva presentato ricorso, sulla compatibilità  della pena di reclusione con la direttiva rimpatri. La Corte ha cosìchiarito che i migranti di Paesi extra-UE entrati in maniera irregolare all’interno dei Paesi dell’area Schengen non possono essere arrestati e sottoposti a detenzione per questo motivo, stabilendo inoltre che la sentenza si applica ai migranti in uscita e in transito entro i confini dell’area Schengen.

Cosìdeliberando, la Corte UE ha chiarito che la direttiva rimpatri impedisce che un cittadino di un Paese extra-UE, prima di essere sottoposto a procedura di rimpatrio, possa essere soggetto a reclusione per via di ingresso irregolare nel territorio di uno Stato dell’area Schengen: la sentenza stabilisce che la reclusione di Paesi terzi ostacola e ritarda l’applicazione della procedura rimpatri, pregiudicandone altresìl’effetto utile.

Tuttavia, la sentenza contiene importanti aspetti, lasciando un margine di discrezione agli Stati membri:

  • stabilisce che il migrante possa essere sottoposto a detenzione (fino ad massimo di 18 mesi) nel caso in cui vi sia il rischio che l’allontanamento sia compromesso per una probabile fuga;
  • ammette la detenzione nel caso in cui una persona abbia rifiutato l’ordine di espulsione a cui è soggetta, o, nel caso in cui sia già  stata allontanata, rientri illegalmente nello Stato nonostante il divieto di ingresso.

Pur avendo riscontrato le critiche di alcuni degli attori delle policy europee, la sentenza della Corte è stata accolta con entusiasmo dall’Organizzazione Internazionale dei Migranti (IOM), il cui portavoce Leonard Doyle l’ha definita ” in linea con gli standard internazionali di interpretazione sull’ammissione della detenzione ” , sottolineando come la decisione della Corte sia importante nell’inviare ” un chiaro segnale che la pratica della detenzione dovrebbe essere adoperata meno e come ultima risorsa ” .

L’IOM ha infine  accordato  la legittimità  della detenzione dei migranti nei casi di rischio latitanza, tuttavia non superando il periodo massimo di 18 mesi.

 

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